Quasi 50 minuti di incontro riservato, forti e prolungate strette di mano, sorrisi tra Papa Francesco e Barack Obama: questa la sintesi, a un primo sguardo, dello storico incontro tra due “americani”: il primo Papa (266° successore di Pietro) che viene dal nuovo continente, benché figlio di oriundi italiani; il primo presidente nero degli Stati Uniti (44° dalla fondazione del Paese), anche lui non del tutto “purosangue” americano, in quanto figlio di papà africano keniota e mamma bianca del Kansas, di famiglia discendente di inglesi e tedeschi.
Nella splendida cornice delle sale del Palazzo apostolico si sono incontrati non solo due capi di Stato, ma dei due Stati “limite” al mondo: gli Stati Uniti che rimangono la prima potenza mondiale sotto diversi aspetti, da quello militare a quello economico e tecnologico; mentre il Vaticano è il più piccolo Stato del mondo, con poco più di 2mila abitanti, ma che continua ad esercitare un’enorme influenza morale e culturale, al di là del suo ruolo religioso al servizio della Chiesa cattolica cui aderiscono 1,3 miliardi di fedeli nel mondo.
Cosa si saranno detti il Papa e Obama? I temi di politica internazionale all’attenzione sono molteplici: dalle situazioni incandescenti e drammatiche di Centrafrica, Sud Sudan, stati equatoriali, alla guerra civile in Siria, ai rivolgimenti delle “primavere” arabe, ai temi dell’inquinamento, della proliferazione delle armi, dei rapporti est-ovest (il recente conflitto con Putin sulla Crimea), alle grandi povertà diffuse nel sud del mondo, alla crisi finanziaria che non è ancora superata. Su molte questioni Obama ha tributato al Papa grande ammirazione e condivisione di vedute: in particolare sulla povertà, la lotta alle ingiustizie, lo sviluppo. Su altre è notorio che il Presidente Usa ha preso decisioni (ad esempio in tema di riforma sanitaria, aborto, matrimoni gay ecc.) che non sono piaciute affatto alla Conferenza episcopale degli Stati Uniti.
Tra gli osservatori internazionali c’è chi sostiene, anche negli Usa, che a Obama oggi conviene coltivare l’amicizia con il Papa, perché il sostegno dell’opinione pubblica interno gli è venuto pesantemente meno e anche sul piano politico rischia spesso di venire messo in minoranza al Congresso. Di là dalle tattiche del momento, è certo che l’incontro fra due “americani” (uno dell’America del sud e l’altro del nord) può far maturare uno sguardo diverso fra le due Americhe, spesso in conflitto. Il Papa della relazione non può che alimentare le relazioni. Che fanno bene alle persone e ai governanti, ma anche ai popoli e alle nazioni. Forti o deboli che siano.
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