“Con la sentenza della Corte costituzionale, che travalica la funzione politica del Parlamento su temi complessi che riguardano la società civile e i propri modelli di riferimento culturali, prosegue lo smantellamento progressivo a mezzo giudiziario della legge 40.
Una normativa forse da rivedere dopo dieci anni, ma che ha avuto il merito di porre un quadro di riferimento scientifico ed etico in tema di procreazione assistita”.
È quanto dichiarano Paola Ricci Sindoni e Domenico Coviello, presidente e copresidente nazionali dell’associazione Scienza & Vita, commentando la decisione della Consulta che ha oggi dichiarato incostituzionale il divieto di fecondazione eterologa previsto dalla legge 40. “In tal modo – affermano Ricci Sindoni e Coviello – si apre un inesorabile vuoto normativo che prelude al ritorno a quel far west procreatico che in questi ultimi dieci anni era stato possibile contenere. Con la cancellazione del divieto di fecondazione eterologa viene legittimata ogni pratica di riproduzione umana, con il solo pretesto che tutti, comunque, hanno diritto a veder garantiti i propri desideri. La cultura giuridica si rimette in tal senso al dominio della tecnoscienza, legittimandone lo strapotere”.
“Questa sentenza – proseguono Ricci Sindoni e Coviello – apre, inoltre, lo scandalo del mercato dei gameti: nessuno garantisce che non avverrà – come già ora all’estero – con lo sfruttamento di chi si trova in difficoltà economiche”. Quella di oggi, concludono, è “una sentenza nel solco di quella pronunciata ieri in materia di utero in affitto e che, anche in questo caso, rimette in questione i capisaldi della civiltà occidentale al cui interno l’esperienza della trasmissione della vita viene segnata dall’accoglimento del dono senza la pretesa di determinarlo in modo spersonalizzante. In questo modo invece non vi è riguardo per i diritti dei bambini, chiamati al mondo a tutti i costi in virtù di un non identificato ‘diritto alla genitorialità’”.
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