Ancora una volta Papa Francesco celebrerà la Cena del Signore e il rito della lavanda dei piedi in una periferia esistenziale. L’anno scorso nell’istituto penale per minori di Casal del Marmo, quest’anno ha scelto la Fondazione Don Gnocchi. Ci siamo andati, alla periferia di Roma, per vedere e raccontare il Centro “Santa Maria della Provvidenza”. Un posto bello, immerso nel verde. Una vera e propria cittadella dove gli ospiti possono, in questi giorni di primavera e di sole, sostare a chiacchierare, avvolti dagli odori dei fiori e allietati dai cinguettii degli uccellini.
Come in una famiglia. Ed è proprio lì, sulle panche dei viali della Fondazione, che abbiamo trovato, al nostro arrivo, alcune persone con disabilità. Erano in cerchio, parlavano e scherzavano. Una di loro ha richiamato la nostra attenzione, perché voleva presentarsi: ci ha detto il nome e, spontaneamente, descritto dove abitava prima di arrivare lì. Si era trovata dinanzi a un volto nuovo, e voleva fare amicizia. Intanto, due vecchine passavano di fianco, tenute per mano da una volontaria, una alla sua destra e l’altra alla sinistra; anche un anziano, mentre il sole inondava la struttura, camminava facendo esercizio di riabilitazione. In chiesa, nella cappella dove Papa Francesco celebrerà la Messa, fervono i preparativi, perché tutto sia pronto.
I servizi. Il Centro “S. Maria della Provvidenza” – già “Istituto Madre Nasi” dell’Opera della “Piccola Casa della Divina Provvidenza” Cottolengo – è stato acquisito dalla Fondazione Don Gnocchi nel 2003. Da allora, il Centro, “che ha ereditato alcune persone con disabilità dal Cottolengo”, come dice Damiano Gornati, responsabile del servizio comunicazione e relazioni esterne, ha attivato nuovi ambiti d’intervento. Oggi è una struttura riabilitativa che dispone di 150 posti letto suddivisi tra una residenza sanitaria assistenziale “per persone non autosufficienti”, un reparto di riabilitazione estensiva, per “persone che, avendo avuto traumi o fatture, dopo la fase di ospedalizzazione arrivano qui per la riabilitazione”, un reparto “in solvenza” per l’assistenza e la riabilitazione di pazienti con difficoltà neuromotoria, “come Alzheimer e Parkinson”, aggiunge Gornati. A questi vanno aggiunti servizi di degenza diurna e di riabilitazione ambulatoriale e domiciliare. La struttura ospita altresì la sede romana del Centro di formazione orientamento e sviluppo (Cefos), che si occupa d’istruzione e formazione professionale rivolte a persone con disabilità, “per permettere loro – prosegue il responsabile della comunicazione – di ritornare protagonisti sul mondo del lavoro”.
Un’occasione di festa. La visita del Papa, per don Angelo Bazzani, presidente della fondazione, è “un’occasione di grande festa, motivo di gioioso orgoglio e spinta per tornare a riflettere sul senso più autentico del proprio operare accanto alle persone più fragili”. “Accanto alla vita. Sempre”, è questo il motto della Don Gnocchi, perché “noi parliamo di attenzione anzitutto alla persona, nella sua integralità”, riprende Gornati. Si crea un rapporto, tra i pazienti e il personale, come si può leggere dai volti e dai racconti di entrambi. “Dottore, mi aiuti a prendere il caffè alla macchinetta?”, dice un’ospite a un giovane medico, che prontamente risponde “sì, arrivo”. Irene Aprile, responsabile del laboratorio di ricerca riabilitativo, ci mostra gli strumenti che permettono alla Fondazione di realizzare attività scientifica. Fra i progetti, anche quello denominato “Vivere”, gestito in partnership con la Federazione italiana vela, finalizzato all’integrazione dei giovani con disabilità nel campo dello sport. Brillano invece gli occhi di Cristina Porta, responsabile del servizio educativo del Centro, che da molti anni opera nella struttura. “Noi curiamo il paziente nella propria interezza, prendendocene carico in tutto e per tutto, secondo l’impronta di don Gnocchi”.
Col grembiule. “Sarà una cerimonia molto semplice nello stile di Francesco, che vuole incontrare i malati”, dice Gornati. “La lavanda dei piedi vedrà protagoniste persone di tutte le età, probabilmente sei uomini e sei donne, rappresentative delle diverse patologie, perché tutto il mondo della sofferenza e della malattia si trovi rappresentato”, prosegue il responsabile. Per don Bazzani, l’evento rappresenta “il gesto semplice e convincente di una Chiesa chiamata da sempre a inforcare il ‘grembiule del servizio’, una tenera carezza del Papa al mondo della sofferenza e un gesto di evangelica misericordia che aiuta a ricordare come il grado di civiltà di una società va misurato sulla sua capacità di camminare con il ritmo degli ultimi”. Attraverso l’esercizio di una vera e propria diaconia della carità, quella che permetterà a dodici persone di una periferia esistenziale d’incrociare lo sguardo di Papa Francesco.
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