Di Nicola Salvagnin
Dentro una buona notizia se ne nasconde una terribile. I sistemi di calcolo del Prodotto interno lordo dei Paesi aderenti alla Comunità Europea cambieranno, per verificare con più esattezza l’incremento (o meno) della ricchezza prodotta da un Paese nel corso dell’anno.
Bene. Ma il sorriso si trasforma in smorfia nel momento in cui si capisce che cosa verrà valutato per rettificare il Pil nazionale. Eurostat, che dà le linee guida agli istituti calcolatori come l’Istat italico, ha deciso che “tutta” la ricchezza vada calcolata: quindi anche il contrabbando, i profitti delle imprese criminali, la prostituzione, il giro di droga, ecc… Muovono soldi, inutile fingere che non ci siano, perché ci sono eccome: questo il ragionamento degli euroburocrati delle statistiche.
Qui in Italia l’amarezza si tramuterebbe di nuovo in sorriso: se calcolassimo nel Pil nazionale i proventi del traffico di stupefacenti o i profitti delle mafie, ci ritroveremmo un Pil da “Tigre” asiatica e torneremmo ad essere una delle super-potenze mondiali… D’altronde è risaputo che il Pil ufficiale di una Regione come la Calabria la classificherebbe tra le economie del Secondo mondo. Ma se si valutassero pure i miliardi di euro che “fattura” il sistema n’drangheta, si arriverebbe con più precisione a definire quale sia il vero tenore di vita di quella Regione.
Poi ci sarebbe da capire dove imputare tali ricchezze: alle “ndrine” meridionali o alle Regioni del nord dove i capitali illeciti vengono ripuliti nell’edilizia, nel turismo, nella ristorazione? E i ricavi da prostituzione sono da accollare a chi li genera (le prostitute) o a chi poi se ne appropria (i protettori)? E i frutti del malaffare di chi è immigrato in Italia, sono Pil nazionale o Pil d’esportazione?
La cosa appare alquanto ridicola, in fondo. A cominciare dal come si possa determinare una stima della ricchezza prodotta dall’illegalità. Che non firma bilanci, non passa dal commercialista, non ha grandi rapporti con lo Stato, l’Erario, l’Inps… Certo, farebbe un po’ di chiarezza (ma noi italiani ce l’abbiamo già) sul fatto che le statistiche ci descrivano come un Paese ai limiti del mondo sviluppato, con redditi da Est europeo ma con consumi e tenore di vita da Emirati Arabi. Dentro questa contraddizione ci sta il vero buco nero del Pil italiano: appunto il “nero”.
C’è, è enorme ma difficilmente calcolabile. Le ultime stime risalgono al 2008 e quantificano l’area del “sommerso” (dentro la quale ci sta anche l’illegalità di cui sopra) tra i 255 e i 275 miliardi di euro annui. Come abbiano fatto a calcolare simili cifre, lascia più di un dubbio; comunque stiamo parlando di un sesto della ricchezza nazionale, del Pil ufficiale: una cifra enorme, che concilia dichiarazioni dei redditi da mensa Caritas con l’altissima percentuale di costosi Suv venduti nello Stivale.
È vero che questa è ricchezza che non è tale solo nelle statistiche. Il Pil italiano sarebbe più alto e forse meno negativo di quanto ufficialmente riportato, perché l’area del sommerso in questi anni di crisi non è certo diminuita: anzi!
Tutto ciò ci fa ricordare quel professore universitario che sottolineava la stupidità del Pil: uno spaventoso terremoto tra le sperdute lande appenniniche è un disastro per una comunità, ma una manna per il Pil. Che considera gli effetti positivi della ricostruzione, ma non gli effetti negativi della distruzione. Ora, ci mancava solo che fosse felice pure per le malefatte della mafia…
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