Ore concitate in Israele, tra i punti sotto attacco anche l’areoporto di Tele Aviv.
Don Giovanni Flammini, Don Andrea Spinozzi e Don Eugenio insieme ad un gruppo di pellegrini della nostra diocesi dovrebbero far ritorno a breve, cercheremo di aggiornarvi
Intanto vi proponiamo l’articolo di Daniele Rocchi
Oltre cento morti, oltre 600 feriti e 105 case distrutte: continua a salire il bilancio dei raid israeliani sulla Striscia di Gaza. L’operazione “Protection Edge” (confine protettivo) prosegue con sempre maggiore intensità per colpire siti e postazioni di Hamas, da dove partono i razzi diretti in territorio israeliano. Nella notte i droni e i caccia di Tel Aviv hanno distrutto 326 obiettivi di Hamas – ora sono 750 in totale – compresi 31 tunnel e 60 rampe di lancio di razzi. Con i soliti tragici “danni collaterali”: 14 morti, tra cui donne e bambini. I raid si susseguono senza sosta come è continuo, nelle città israeliane, il suono delle sirene che avvertono l’arrivo dei razzi da Gaza. Stamattina a Tel Aviv sono risuonate per ben due volte. In meno di tre giorni sono caduti da Gaza 365 razzi, uno ogni dieci minuti. Cittadini israeliani e palestinesi sono le due facce della stessa paura. Che sale. L’escalation militare cresce di pari passo con quella verbale, sempre più violenta: alle minacce israeliane di un attacco di terra – 20mila riservisti sono ammassati con i carri armati di Tsahal ai confini di Gaza – sono seguite quelle di Hamas di colpire le centrali nucleari, tra cui quella sita a Dimona, a circa 100 chilometri dalla Striscia.
Verso la catastrofe? “È stata una notte terribile – racconta al Sir una fonte da Gaza, che ha chiesto l’anonimato per motivi di sicurezza – forse la peggiore dall’inizio dei bombardamenti. Le bombe si sono sentite fino a questa mattina. I principali obiettivi sembrano essere i tunnel che attraversano tutta la Striscia usati per reperire merci e prodotti, ma non solo, a quanto pare anche armi. La popolazione è rintanata in casa. Gli scoppi e i bombardamenti stanno traumatizzando i bambini che piangono continuamente per la paura. Da quello che si vede in giro, le case distrutte, palazzi colpiti, sembra che questa operazione militare sia più intensa delle due precedenti, (“Piombo fuso” di fine 2008 e inizio 2009 e “Colonna di fumo” nel 2012, ndr)”. Una situazione che potrebbe diventare catastrofica se Israele decidesse di attaccare via terra. “Questo significherebbe scontri strada per strada, rastrellamenti, perquisizioni casa per casa, e tanti morti, tanti”. Hamas, infatti, non resterebbe a guardare. “Si dice che i miliziani di Hamas si siano riarmati e questo alzerà il livello dello scontro con gravissime ripercussioni sulla popolazione locale già terrorizzata e messa a dura prova dalla mancanza di acqua e di energia elettrica. Chi ha potuto, nei giorni scorsi ha fatto scorte di cibo e acqua. Ora però le banche sono chiuse e non è possibile prelevare il denaro per acquistare il necessario nei pochi negozi che sono ancora aperti”. Poche notizie filtrano dalla comunità cristiana dove non si segnalano morti e feriti ma solo “molta paura unita alla speranza che tutto finisca presto e senza ulteriori danni”. Conferme sulla gravità delle situazione dentro la Striscia arrivano anche da Matthew McGarry, rappresentante del Crs, il Catholic Relief Service, l’agenzia umanitaria della Chiesa cattolica statunitense. “Proseguono sia il lancio di razzi dalla Striscia che i bombardamenti di Israele. Ci sono vittime civili, anche donne e bambini, molte le infrastrutture colpite e distrutte. Abbiamo chiuso la nostra sede operativa a Gaza city e chiesto ai nostri operatori di lavorare, per quanto possibile, in condizioni di sicurezza. Muoversi a Gaza adesso è davvero pericoloso”.
Invasione di terra rischiosa. Chi non crede alla possibilità che Israele scelga di attaccare la Striscia di Gaza via terra è il generale Carlo Jean, tra i massimi esperti di strategia militare e di geopolitica. “Un’invasione di Gaza è fattibile ma la ritengo altamente improbabile – spiega al Sir – anche per alcune divergenze all’interno dello stesso governo israeliano, non tutti, infatti, sono a favore”. “L’invasione, che avrebbe notevoli reazioni internazionali, comporta lo scontro all’interno di un terreno altamente urbanizzato e contro avversari decisamente organizzati e ben armati. La possibilità di successo – aggiunge l’esperto – è in qualche modo ridotta, senza dimenticare che si tratta di un’operazione militare costosa poiché richiede l’utilizzo di decine di migliaia di uomini della fanteria per penetrare in una zona abitata da circa due milioni di persone e che potrebbe costare un prezzo molto alto in termini di vite umane. Penso che Israele abbia come scopo primario rimuovere la minaccia dei missili di Hamas che dispone anche di razzi a lunga gittata che potrebbero coprire buona parte del territorio israeliano”. Per tutti questi motivi il generale crede che “l’esercito israeliano proseguirà con l’offensiva aerea come è stato nelle due precedenti operazioni militari del 2009 e 2012”. Favorevole ad Israele, in questo frangente, è l’isolamento di Hamas che non gode più dell’appoggio del nuovo Egitto, contrario alla Fratellanza musulmana, storica alleata di Hamas”. Altra possibilità ravvisata dal generale è che “Israele stringa ulteriormente il blocco intorno alla Striscia così da indurre la popolazione a ribellarsi contro gli estremisti di Hamas”. Questi ultimi hanno minacciato anche di colpire le centrali nucleari poste in territorio israeliano: “Molto difficile – dice Jean – che Hamas abbia la potenza sufficiente per superare le difese passive di un impianto nucleare che di solito è sotto terra e fortemente bunkerizzato”.
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