Di Daniele Rocchi
La crisi ha raddoppiato il numero delle persone che in Italia vivono in povertà assoluta: nel 2007, ultimo anno di crescita del Pil, erano 2,4 milioni, ovvero il 4,1% della popolazione, nel 2012, sono saliti a 4,8 milioni, l’8% del totale. È quanto emerge dal Rapporto “Il bilancio della crisi. Le politiche contro la povertà in Italia”, realizzato da Caritas Italiana e presentato oggi a Roma. Si tratta del primo Rapporto sulle politiche contro la povertà in Italia cui hanno collaborato Action Aid, Cisl, Fondazione Banco Alimentare, Save the children, Cittalia-Fondazione Studi e ricerche Anci, e accademici, come Cristiano Gori e Massimo Baldini. Con questa iniziativa, ha spiegato monsignor Francesco Soddu, direttore di Caritas Italiana, si vuole “concorrere alla riflessione sulla efficacia delle forme istituzionali di contrasto alla povertà, al fine di stimolare un dibattito pubblico e suscitare la più ampia e condivisa consapevolezza intorno a questi fenomeni”.
Politiche neutre. Dal Rapporto, curato da Cristiano Gori dell’università Cattolica di Milano, emerge anche che la povertà in Italia sta toccando segmenti che nel passato erano considerati “poco vulnerabili come il Centro Nord, famiglie con due figli, i nuclei con capofamiglia under 35 e famiglie con componenti occupati”. Prima della crisi i poveri si contavano soprattutto tra anziani, famiglie numerose e abitanti del Sud. Dati incontrovertibili che testimoniano come le politiche economiche e sociali varate in questi anni di crisi non siano state capaci di dare risposte ai poveri. Se dal 2007 fino al 2013 (governi Berlusconi e Monti) “l’unica risposta” messa in campo è stata la Carta Acquisti, (Social Card), “uno sforzo limitato” per la Caritas, la politica economica del governo Letta “non ha aiutato le famiglie in povertà ma non ne ha neppure peggiorato le condizioni”. Il bonus di 80 euro deciso dal premier Renzi, stando al rapporto Caritas, “ha avuto qualche effetto sulla povertà ma di portata assai ridotta”. Sul fronte dei servizi, invece, la crisi ha addirittura fatto sì che le politiche sociali siano state “vittime di un ulteriore indebolimento”. In due anni, dal 2010 al 2012, la spesa dei Comuni su questo versante è calata del 6%; “tagli – evidenzia la Caritas – che hanno colpito un settore già sotto-finanziato”. Tutte azioni “sostanzialmente neutre” nei confronti delle famiglie in povertà e che hanno fatto dire a mons. Soddu che “l’Italia lamenta una fondamentale assenza di forme di contrasto effettivo ai rischi di povertà”.
Progetto Reis. Tra le prospettive “realizzabili” di politiche pubbliche di contrasto alla povertà, indicate dalla Caritas italiana, c’è quella del Reis, il Reddito di inclusione sociale, auspicato anche dalla Alleanza contro la povertà in Italia alla quale la Caritas aderisce. Ma perché ciò avvenga, ha affermato il curatore scientificoCristiano Gori, è necessario che il Governo Renzi faccia della lotta alla povertà una priorità politica. Il Reis, che dovrebbe essere introdotto gradualmente dal 2015, verrebbe destinato a tutte le famiglie in povertà assoluta di tutte le nazionalità, in possesso di un valido titolo di legittimazione alla presenza sul territorio italiano e ivi residenti da almeno 12 mesi. “Ogni famiglia riceve mensilmente – afferma il Rapporto Caritas – una somma pari alla differenza tra il proprio reddito e la soglia di povertà così da disporre dell’insieme di risorse economiche necessarie a uno standard di vita minimamente accettabile”. Non solo: l’attuale Governo dovrà decidere se avviare un Piano nazionale contro la povertà, di cui il Reis è un progetto concreto, o se continuare sulla falsariga delle politiche fino ad oggi attuate. Quindi un ritorno ad un welfare all’italiana come la Social card, o peggio a uno scenario da “Seconda Repubblica” (1997) limitato a sperimentazioni sul reddito minimo destinate a spegnersi progressivamente.
“Adesso è difficile”. La richiesta della Caritas ha trovato la pronta risposta del ministro del Lavoro,Giuliano Poletti, presente alla conferenza stampa. “Immediatamente è difficile – ha spiegato il ministro – poiché abbiamo bisogno di costruire anche un’infrastruttura che ci consenta di farlo. L’Italia non ha una dotazione del tipo banche dati o elementi di analisi”. Lavorare per una sorta di “casellario dell’assistenza”, per avere tutti gli elementi che “ci fanno capire lo stato effettivo delle famiglie e quindi quali siano le politiche più giuste in questa situazione”. Per Poletti urge “intervenire sulla povertà più acuta e impedire che ci siano persone che scivolano verso la povertà”, unendo l’intervento monetario alla possibilità occupazionale coinvolgendo e attivando le persone in difficoltà.
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