DIOCESI – Si è tenuto martedì, 21 ottobre, il primo incontro del Vescovo Carlo con i catechisti, gli educatori ACR e i capi scout, presso la parrocchia “Sacro Cuore di Gesù” di Centobuchi, per un momento di preghiera insieme, e per parlare del nuovo documento di orientamento pastorale “Incontriamo Gesù”, redatto dalla Commissione Episcopale per la dottrina della fede e riguardante l’annuncio e la catechesi.
Don Dino Pirri, direttore dell’Ufficio catechistico diocesano, ha voluto per l’incontro un’atmosfera familiare, scegliendo di porre al Vescovo alcune semplici domande per parlare di catechesi attraverso le vicende della vita personale di Bresciani, in modo tale da poterlo anche conoscere meglio.
– Ci racconta quali sono state le persone della sua infanzia che per prime le hanno fatto conoscere Gesù?
Credo che Gesù abbia fatto parte della mia vita praticamente da sempre, nel senso che già in famiglia, fin da piccolissimi, anche prima di cominciare il catechismo, nel contesto della mia famiglia era una cosa naturale, per esempio, dire la preghiera alla sera, prima di andare a dormire, o essere accompagnati dai genitori in chiesa. Certamente una cosa molto diversa da quella che c’è oggi.
Ricordo che il catechismo per me era più una scuola, perché l’incontro con Gesù era in chiesa, nel momento della preghiera in famiglia, ecc… Per quanto riguarda le figure, oltre a quelle familiari, ricordo molto bene la maestra dell’asilo perché ci faceva dire la preghiera e ci raccontava le storie dell’Antico Testamento, come quella di Mosé o di Davide. Ci entusiasmava perché sapeva metterci dentro quell’aspetto esortativo e affettivo che per un bambino era decisamente bello e questo mi ha insegnato che è molto importante non rimandare il momento della scelta del bambino: oggi si sente dire “quando il bambino sarà grande sceglierà lui”, io lo trovo assurdo perché è come dire “quando il bambino sarà grande imparerà a parlare, così sarà libero di imparare a parlare inglese, francese, tedesco… sceglierà quello che vuole”. Non parlerà mai. Io mi domando: perché abbiamo paura di insegnare queste cose? Qual è quel genitore che se è convinto che c’è una cosa preziosa, aspetta a darla a suo figlio e sempre se la vorrà? Se è la ricchezza della nostra vita perché non la diamo ai nostri figli? Questo mi fa pensare. Si è instaurata l’idea che “lasciamo fare che poi sceglierà” e così ci troviamo con bambini di 9 -10 anni che non sanno fare il segno della croce.
E’ importante, dice Sua Eccellenza, che l’esperienza della fede e le idee vengano introdotte fin da bambini, perché poi ci aiuteranno nelle scelte che faranno da adulti. Tutti abbiamo fatto le nostre scelte, da adulti, sulla ricchezza che ci è stata data fin da piccoli.
– Nella sua esperienza pastorale anche come rettore di seminario o come professore, nel corso degli anni che idea si è fatto della catechesi?
In 50 anni, i tempi sono molto cambiati. Quando, nel catechismo, l’aspetto di scuola era immerso nel contesto di esperienza di fede, allora andava bene, ma oggi è venuto meno l’aspetto della fede ed è restato soltanto l’aspetto scolastico e questo ci ha impoveriti: troppo spesso la catechesi non porta alla vita nella chiesa o alla messa domenicale, per esempio, e se il catechismo non introduce alla vita nella chiesa, che cosa diventa? Questo vuol dire che il catechismo ha bisogno di essere ripensato.
Bisogna ricordare la centralità di una comunità che testimonia, che accoglie e che diventa un luogo privilegiato: come catechisti, si può essere molto preparati, ma non deve mancare un rapporto personale e diretto con i ragazzi, con le famiglie e con il parroco, la missione del catechista non si limita solo ad un’ora e ad un luogo ma si allarga a tutta la vita della persona.
– Quando è arrivato in diocesi che impressioni ha avuto?
Ho avuto l’impressione di una Chiesa che ha molte potenzialità e che forse ha bisogno di recuperare un po’ più di fiducia in se stessa, una Chiesa che tende troppo a sottolineare i limiti perdendo di vista le ricchezze. La nostra diocesi soffre in misura minore di secolarizzazione rispetto ad altre realtà, è un po’ più legata alle tradizioni, legame che ha salvato il contesto, e ha bisogno di camminare affinché la ricchezza del passato diventi la forza che la proietti nel futuro. In questo senso vedo molte speranze se con la semplicità e la gioia sappiamo fare tesoro delle nostre ricchezze e avere fiducia nel guardare avanti.
Il Vescovo ha poi presentato il documento “Incontriamo Gesù”: “Non vuole essere il nuovo documento di base della catechesi, ma dopo 40 anni molte cose sono cambiate anche in italia e, nonostante il fatto che i principi di base restino validi, ci si è interrogati sul fatto di aggiornare il documento poiché la siuazione dei bambini che vengono a catechismo è cambiata, è cambiato il contesto. I ragazzi hanno bisogno, più, di fare un’esperienza di fede perché senza di essa i contenuti perdono senso. Questo documento vede il catechismo come iniziazione alla vita cristiana, un catecumenato, ed è la elaborazione di quegli orientamenti che un catechista deve avere in testa per rapportarsi ai bambini, agli adolescenti e ai giovani. Si sottolinea, inoltre, che c’è una precedenza della formazione cristiana degli adulti, perché ci troviamo in una situazione nuova, ci troviamo in un contesto familiare che è disinteressato alla fede, e se manca l’adulto dietro…si sta spingendo affinché la catechesi diventi sempre meno una forma di scuola e sempre più un vivere esperienze di fede che poi portano a conoscere Gesù, la rivelazione”.
Nel documento, c’è una esortazione dei vescovi ad andare verso il ministero istituito dei catechisti, a tale fine don Dino Pirri ha detto che dal 12 gennaio al 23 febbraio si terranno 5 incontri per un cammino di formazione destinato a quei educatori che hanno una certa esperienza e maturità e che potranno rivestire un ruolo di coordinatori nella comunità.
Infine, su richiesta di don Dino, il Vescovo ha lasciato i fedeli con tre parole di incoraggiamento per il cammino: fede, speranza e carità o meglio avere tanta fede, non perdere mai la speranza e volere molto bene ai ragazzi.
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