C’è una Medellin che non ti aspetti. Sì, è vero, qui si vedono ai bordi delle strade i campesinos che non hanno nulla se non un cartone per difendersi dal freddo della notte. Qui si fa esperienza di un traffico micidiale che a tratti rende l’aria irrespirabile dallo smog, in questa immensa città a 1500 metri di quota, attorniata dai monti della Cordigliera. Nella metropoli “dell’eterna primavera”, così definita per la dolcezza del clima, si avverte il narcotraffico che incombe, così come il peso della microcriminalità che fa vivere la popolazione quasi barricata fra inferriate e vigilantes un po’ ovunque. In tutto questo pullulare di emergenze e di contraddizioni, con i molto ricchi e i molto poveri che si sfiorano e spesso di ignorano, a ben guardare si incontrano germi di speranza e segni concreti di condivisione.
Qualcosa si muove anche a queste latitudini, nonostante i nostri luoghi comuni sull’America Latina e la Colombia in particolare. Allora vale la pena raccontare quanto abbiamo avuto modo di conoscere in occasione del convegno internazionale promosso dalla Fondazione Joseph Ratzinger – Benedetto XVI in collaborazione con la diocesi di Medellin e la Pontificia università bolivariana (Upb) proprio sul tema del rispetto per la vita come cammino per la pace. La Clinica universitaria della Upb oggi è un autentico gioiello di tecnologia ospedaliera e di cura alla persona, grazie anche l’aiuto della Conferenza episcopale italiana (Cei). A 18 anni dalla sua fondazione, il nosocomio conta cinque reparti: terapia intensiva, ostetricia, medicina materno-fetale, pediatria e ginecologia. I posti letto sono 204, di cui 27 per la terapia intensiva neonatale e 12 per quella dedicata agli adulti. Vi lavorano quasi 900 persone, “ma nonostante tutti questi numeri, dobbiamo declinare il 70% delle richieste di ricovero – dice il dottor Wilmar Alonso, responsabile della pianificazione – per mancanza di spazi adeguati”.
Negli ultimi anni questo ospedale ha compiuto notevoli passi in avanti. Dal 2011 al 2013 è stato realizzato un investimento di 3 milioni di euro (600mila il contributo della Cei) grazie al quale sono stati realizzati reparti d’avanguardia, soprattutto nel campo della neonatologia. Sono state approntate 17 nuove stanze singole dotate di molti confort e un reparto per i prematuri che “non ha nulla da invidiare a quanto si può trovare negli Usa o in Europa”, aggiunge il dottor Wilmar Alonso. In questo ospedale l’attenzione per la madre e per i bambini è massima. Si sono realizzati 38mila parti negli ultimi dieci anni su un totale di 250mila ricoveri. I neonati vengono presi in cura piccolissimi e assistiti con una tecnologia di altissimo livello, grazie anche alla presenza della “Fondazione miracoli di vita”, appartenente sempre all’università cattolica di Medellin (Upb), che si occupa dei bambini ricoverati dopo il parto e viene in questo modo in aiuto alle famiglie. Un aiuto economico e uno sotto il profilo psicologico, con un accompagnamento personalizzato.
“Qua da noi giungono i casi più complicati. Arrivano di solito da tutta la regione di Antioquia, di cui Medellin è capoluogo – aggiunge il dottor Wilmar Alonso che guida la visita all’ospedale assieme al rettore Julio Jairo Ceballos Sepúlveda -. Ma difendere la vita, per noi è una missione. La nostra clinica ha le porte sempre aperte e per tutti l’ingresso è gratuito. Negli ultimi tre anni abbiamo aiutato 2800 famiglie che presentavano casi particolarmente difficili”.
Ora però è tempo di guardare lontano e di cercare di rispondere alle numerose richieste. “È per questo che stiamo pensando a una nuova torre di 16 piani per raddoppiare la nostra capacità ricettiva – dice in conclusione il dottor Wilmar Alonso -. State pronti: continueremo a bussare alla vostra porta”.
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