Una “pericolosa escalation di violenza” in atto in Libano. La denunciano i volontari italiani dell’Operazione Colomba, corpo nonviolento di pace della Comunità Papa Giovanni XXIII, che dal 2013 vivono nei campi profughi presenti nel Nord del Paese per facilitare la convivenza tra profughi siriani e popolazione locale, creare occasioni di dialogo e ridurre con la propria presenza il rischio di attacchi e violenze.
“Dallo scorso venerdì 24 ottobre – raccontano – assistiamo a violenti scontri a Tripoli tra l’esercito libanese e gruppi armati affiliati al Fronte Al-Nusra e all’Isis. I combattimenti si sono svolti in diverse zone della città, interi quartieri sono stati evacuati e le violenze si sono spostate anche nella zona Nord del Paese, dove noi viviamo”. In tre giorni di scontri si sono registrati “42 morti (23 miliziani, 11 soldati, 8 civili) e 150 feriti”. Ma già prima degli scontri la situazione nel Nord del Libano era particolarmente instabile, con l’esercito “vittima di attacchi (mirati) in cui hanno perso la vita diversi soldati”, in risposta dei quali i militari hanno compiuto “numerosi raid e arresti nei campi di profughi siriani”, durante i quali, “secondo le testimonianze raccolte, ci sono stati atti di violenza da parte dell’esercito”. “I casi di sgomberi forzati di campi si sono moltiplicati. Libanesi e siriani – concludono i volontari – hanno paura di una nuova guerra”.
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