Tornare nelle piazze per “far respirare i grandi valori che la tradizione cristiana e la novità del Vangelo ci suggeriscono”. Questo il filo conduttore del quarto Festival della dottrina sociale, che si è tenuto a Verona la scorsa settimana a partire dallo slogan “Oltre i luoghi, dentro il tempo”. Ne parliamo con Claudio Gentili, direttore della rivista “La Società” e tra gli organizzatori dell’evento.
Quale bilancio trae da questa edizione del Festival?
“Il cuore di questa edizione, a mio avviso, è stato il messaggio del Papa, che ha puntato su due aspetti: il narcisismo e la povertà. Il Papa è tornato sulla questione della povertà e ha messo in luce come il narcisismo sia una grave malattia che impedisce di gestire bene il rapporto tra gli spazi, i luoghi e i tempi, perché la gente ama molto più occupare spazi – di visibilità e di potere – piuttosto che usare bene il tempo, e il tempo depauperato impoverisce il bene comune. In secondo luogo va sottolineata la partecipazione: la parola ‘Festival’ quattro anni fa sembrava inadatta. Serve invece a riscoprire la dimensione popolare della fede e dell’impegno sociale dei cattolici. La fede s’impara in famiglia, si celebra in chiesa e si esprime nella piazza”.
Il Papa ha chiesto una “nuova coscienza sociale”, appellandosi a “persone che abbiano il coraggio di prendere l’iniziativa”. Quale contributo viene dal Festival?
“Abbiamo vissuto numerose occasioni di confronto, e qui non si parlava d’idee ma di realtà. Il primato della realtà sull’idea, cioè del realismo sull’ideologia, peraltro, viene indicato proprio da Papa Francesco nella ‘Evangelii gaudium’. Tutti i dibattiti si sono concentrati sulla realtà: ad esempio parlando di banche, ossia di come la finanza possa essere strumento per fare impresa e creare lavoro; di cooperazione, con il ministro Poletti che ha incontrato le cooperative; di scuola, dedicando il convegno conclusivo a ‘imparare lavorando’; di come far rivivere la dottrina sociale negli atenei”.
Il successo del Festival mostra una nuova sensibilità verso la dottrina sociale. Come diffonderne la conoscenza e la messa in pratica dei suoi principi?
“La rivista ‘La Società’, che da molti anni si dedica con continuità all’approfondimento culturale dei temi della dottrina sociale, è diventata un punto di riferimento per tutti i gruppi sparsi sul territorio. In secondo luogo, a Roma abbiamo la tradizione ormai consolidata di organizzare ‘laboratori della dottrina sociale’, eventi nei quali studiosi, operatori pastorali, giovani, esponenti politici ecc. s’incontrano per mettere a confronto i principi con l’attualità. La dottrina sociale non è un ricettario, un’ideologia della terza via tra capitalismo e socialismo, un prontuario di soluzioni, bensì è teologia morale. È una grande ispirazione che poi chiede mediazioni culturali”.
Il Festival è, dunque, uno dei momenti in cui portate avanti un cammino di confronto e riflessione che dura poi anche nel resto dell’anno…
“Sì, ci sono a tal proposito una settantina di ‘gruppi della dottrina sociale’ diffusi in tutta Italia, ciascuno con una sua peculiarità: alcuni a Roma conciliano l’esperienza della pastorale familiare con la carità, altri insistono sulla dimensione cooperativa, altri ancora mettono a confronto dirigenti, oppure – come accade a Lamezia Terme – lavorano in accordo con le scuole di formazione politica, o si muovono – ed è il caso di Firenze – nella direzione di un risveglio culturale della città”.
“Questo festival appartiene anche alla Chiesa”, ha detto monsignor Galantino. Ed è la prima volta che il segretario generale della Cei viene al Festival. Quale significato ha avuto la sua presenza?
“Ha mostrato la prossimità dell’istituzione con il popolo. Da quando il Papa ci ha insegnato che si può non stare nei palazzi vaticani, ma vivere a Santa Marta, anche l’istituzione – che spesso il cattolico di strada percepiva come lontana – si è fatta più vicina. E la presenza calda, vivace, intelligente e profonda del segretario della Cei è per noi motivo d’incoraggiamento e conferma che la strada intrapresa è giusta”.
La dottrina sociale della Chiesa, da oltre un secolo, si è espressa anche attraverso le Settimane sociali. Vede un legame e una possibile collaborazione tra le Settimane sociali e il Festival?
“Auspico che le Settimane sociali tornino a essere quello che erano all’origine: non un convegno ingessato, con modalità di comunicazione che spesso non favoriscono l’interazione dei partecipanti, ma recuperino quella dimensione popolare che è stata sempre caratteristica del movimento cattolico. Bisogna che questi grandi eventi ecclesiali – e penso pure al prossimo Convegno ecclesiale di Firenze – divengano occasioni in cui pure le periferie delle parrocchie e delle diocesi possano essere al centro”.
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