L’editoriale dell’arcivescovo di Catanzaro-Squillace su ‘Il Sole 24 Ore’ sul valore “laico” del presepe quale rievocazione storico-artistica della nascita di un maestro di vita

«Zio Alfonso era laureato in presepi: sapeva tutto sulle tradizioni di Natale, sul primo presepe fatto da san Girolamo nel Quattrocento e su quello realizzato otto secoli dopo da san Francesco. Per lui via san Gregorio Armeno, strada napoletana dove artisti artigiani fabbricano presepi, era un luogo sacro pari a san Pietro».

La sottile ironia usata dallo scrittore napoletano Luciano De Crescenzo in uno dei suoi libri sarebbe stata – ed è – la risposta migliore a quanti, alla vigilia di ogni Natale, non trovano nulla di meglio che alimentare la polemica sui simboli della Natività. Quest’anno ci ha pensato un preside bergamasco a perpetuare l’usanza, escludendo i santerelli dalla sua scuola per non urtare, così ha spiegato, il dettato costituzionale per cui l’Italia è uno stato laico.

Il preside, però, è andato sua sponte oltre, molto oltre: ostentare la croce di Cristo può offendere gli atei e chi cristiano non è. Spunti per un dibattito in cui non sono mancate le voci di chi usa persino la francescana rievocazione della nascita di Gesù come una bandierina politica o ritiene che i verbi educare, rispettare e integrare siano sinonimi di censurare, rimuovere e amputare. Esattamente quello che è avvenuto nei giorni scorsi a Bergamo, e prima ancora altrove. Per una volta, il clamore suscitato va accolto con favore perché consente di vedere ciò che avviene anche in altri angoli d’Italia, magari silenziosamente e persino subdolamente. Aiuta, poi, a capire che la storia di un popolo e le sue tradizioni non si possono manipolare con leggerezze ideologiche, sebbene ciò si faccia da tempo.

Per noi cristiani il presepe è la rievocazione storico-artistica del più grande avvenimento di sempre: la nascita a Betlemme, in Palestina, durante l’impero di Augusto, di Gesù salvatore del mondo. È una rappresentazione simbolica che ripropone visivamente importanti valori morali dell’umanesimo cristiano: la sacralità della vita, al momento della nascita, della maternità, della donna e della famiglia fondata sul matrimonio; la pari dignità di figli di Dio delle persone umili; la pace e la pacifica convivenza fra popoli diversi, il rispetto e l’amore per la natura.

Ma comunque la si pensi, oltre la sua connotazione religiosa, il presepe ha il valore propriamente laico di rievocazione storico-artistica della nascita di un maestro di vita, un grande educatore, il cui insegnamento ha largamente orientato l’evoluzione civile, umana divenendo il fondamento costitutivo della civiltà europea e non secondo la cultura egemone italiana. È la tradizione iniziata nel 1223 da Francesco d’Assisi, che a Greccio realizzò il primo presepe con esseri viventi e con il bambino Gesù.

Si può anche prediligere l’ateismo, o praticare una religione diversa dal cristianesimo, ma ignorare la storia ed il suo valore è errore grave. Da bocciatura, specialmente per un preside, che avrebbe molto da imparare da zio Alfonso.

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