Sì a “leggi chiare e inequivocabili”, ma la lotta alla corruzione richiede anche altro, una “coscienza morale” in grado di mettere in moto “una circolarità virtuosa tra le norme e il loro rispetto”. Dopo il monito della Corte dei Conti (“Crisi economica e corruzione procedono di pari passo, in un circolo vizioso”, ha detto il suo presidente, Raffaele Squitieri, all’inaugurazione dell’anno giudiziario) e mentre si attende che approdi all’esame del Parlamento il disegno di legge “anticorruzione”, abbiamo interpellato Lorenzo Caselli, economista e docente di etica economica all’Università di Genova.
I moniti contro il livello della corruzione in Italia si susseguono, dal discorso d’insediamento del presidente della Repubblica (“La lotta alla mafia e quella alla corruzione sono priorità assolute”) alla relazione della Corte dei Conti. Senza dimenticare le parole di Papa Francesco…
“La questione è veramente drammatica, viene da lontano e ha molteplici implicazioni. Certamente la prima è di carattere economico-produttivo: l’Italia è al primo posto in Europa per livello di corruzione e supera anche diversi Paesi extra-europei. Questo ha conseguenze in termini di capacità di attrarre investimenti: i fenomeni corruttivi incidono negativamente sulla crescita produttiva. Altro aspetto da sottolineare, però, è il clima morale del nostro Paese che si sta deteriorando”.
Manca, a suo avviso, una sufficiente condanna pubblica di questi fenomeni?
“Il clima etico e morale, fondamento del vivere civile, poggia su tre pilastri. Il primo è la coscienza individuale: ma quanto è radicato nella coscienza il senso del rispetto verso gli altri, verso lo Stato, verso la comunità? Secondo pilastro sono le leggi e le norme, che però arrivano con molto ritardo, sovente ‘quando i buoi sono scappati’, e generalmente sono ambigue e complicate, lasciando spazio alla scappatoia. In terzo luogo, fondamentale è il controllo sociale, ovvero la sanzione degli onesti, da noi scarsamente presente: nel corso del tempo abbiamo interiorizzato il principio del ‘vivi e lascia vivere’, non chiediamo la fattura pensando d’instaurare un rapporto di complicità per cui paghiamo meno e così via”.
La crisi, è stato rilevato, favorisce la corruzione, anzi “l’una è causa ed effetto dell’altra”. Perché?
“La corruzione erode la fiducia, bene sempre più prezioso per lo sviluppo dell’economia e per la crescita. Quello che manca nel nostro Paese è proprio il clima di trasparenza, ma se viene meno la fiducia anche l’attività economica ne risente. Ecco perché la corruzione è un ostacolo formidabile alla ripresa: se un imprenditore deve pagare bustarelle e avere il favore di determinati funzionari per portare avanti il proprio progetto, ecco che, se è onesto, rinuncia, e magari anziché investire da noi va in Stiria o in Carinzia, per fare un esempio, dove pullulano le imprese italiane”.
Ma allora come è possibile far ripartire il Paese?
“Ci vuole una grossa operazione di educazione alla responsabilità. Dobbiamo creare un clima che premi le imprese virtuose, che rispettano la legge, sentono il loro dovere nei confronti della comunità e hanno anche il coraggio di denunciare ciò che non va. Poi, l’educazione alla legalità, che dovrebbe cominciare fin dalle elementari”.
Il governo Renzi dichiara di avere, tra le proprie priorità, la lotta alla corruzione, tanto che presto approderà un ddl in Parlamento… Quali strumenti servono, a livello legislativo, per combatterla davvero?
“Leggi chiare e inequivocabili. Noi invece ci perdiamo dietro a percentuali per la punibilità, periodiche sanatorie e condoni. Così non si va da nessuna parte: ci vuole la certezza e, oserei dire, la durezza del diritto”.
Nel ddl pare sia prevista una soglia per il falso in bilancio…
“Mettiamo la soglia del 3%? Però non ci devono essere possibilità di equivocare la norma. Servono dei punti fermi”.
Si parla anche di pene più severe e allungamento dei tempi per la prescrizione, che potrebbe sospendersi dopo la sentenza di primo grado. Che ne pensa?
“Evitiamo che siano solo ‘grida manzoniane’. Qualcosa può veramente cambiare se c’è una circolarità virtuosa tra la norma e la comunità che invita al suo rispetto. È necessario mettere in movimento un processo in cui le leggi – chiare, trasparenti e anche dure – si combinano con una consapevolezza e una coscienza collettive e individuali. Certe affermazioni che vengono dall’alto – dal Papa a Mattarella – mantengono all’ordine del giorno questa questione. Anche noi cattolici nel passato non abbiamo sempre tenuto presente come certi comportamenti siano un delitto contro il bene comune. È ora di dirlo chiaramente, e comportarsi di conseguenza: non bastano le leggi se non si crea un clima adeguato”.
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