Zenit
persoIl contributo di tutti secondo le concrete possibilità economiche e tecnologiche; la condivisione delle conoscenze su accesso e produzione delle risorse fondamentali; l’assunzione di responsabilità nel quadro della “giustizia riparativa”.
Sono i tre punti evidenziati per raggiungere una giustizia comune e distributiva, da monsignor Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso l’ONU di Ginevra, durante l’odierna sessione del Consiglio dei Diritti Umani, in corso dal 2 marzo scorso.
L’intervento di Tomasi ha avuto ad oggetto la promozione e la protezione di ogni diritto umano, compreso il diritto allo sviluppo, nel rispetto dell’ambiente.
Il presule si è soffermato sulla responsabilità di “coloro che hanno beneficiato di più dell’uso di risorse naturali, e hanno quindi inquinato di più l’ambiente, hanno un particolare dovere di lavorare per il suo restauro”.
Pertanto, specie qualora i danni ambientali minaccino il godimento dei diritti umani, la Santa Sede si batte per la realizzazione di “rapporti di sostenibilità” nell’impatto ambientale, sociale ed economico dell’attività delle imprese.
“È una questione di giustizia aiutare le persone povere e vulnerabili che soffrono per motivi che in gran parte non sono stati causati da loro e vanno al di là del loro controllo”, ha proseguito l’osservatore permanente, che ha quindi incoraggiato l’utilizzo di tecnologie che possano attenuare i danni dell’inquinamento.
In vista della Conferenza di Parigi sul clima, in programma il prossimo dicembre, “poveri e ricchi saranno vincitori se potremmo raggiungere un accordo su un regime internazionale post-2020, in cui tutte le nazioni del mondo, inclusi i maggiori responsabili delle emissioni di gas a effetto serra, raggiungeranno un accordo universale vincolante sul clima”, ha quindi concluso monsignor Tomasi. [L.M.]
0 commenti