Di Don Gian Luca Rosati, visita il suo blog: www.gioiaepace.blogspot.it
L’anziano del villaggio lasciò il suo bastone e mi prese sottobraccio: «Andiamo», disse e ci incamminammo verso il grande albero al centro del giardino.
«Cosa vedi?», mi chiese.
«Dei bei rami con le foglie e tanti fiori!», risposi.
«Perché ci siano rami, foglie e fiori, è necessario che ci siano un tronco robusto e grandi radici», aggiunse sorridendo.
«Certo!», approvai.
«Ma le radici non si vedono e uno, passando, potrebbe anche pensare che esse non ci siano. Eppure ci sono, e con la loro presenza garantiscono all’albero il nutrimento necessario. Così è in una comunità: gli anziani sono le radici; per questo i giovani e gli adulti non possono prescindere da loro. Non si può dire: tagliamo le radici e teniamo solo i germogli. Senza radici, niente più germogli!
Un discorso simile si può fare per le tradizioni: col passare del tempo si tende ad apprezzare ed esaltare ciò che esse hanno prodotto, i benefici nell’ambito sociale ed economico, l’allegria delle feste,… e si dimentica da cosa quei bei frutti sono stati generati. Si fa tutto in vista del godimento immediato e si perde il contatto con la storia e con le origini, quasi fosse possibile per una casa reggersi senza fondamenta o per un albero sopravvivere al taglio delle radici», disse pensieroso.
«Come darti torto, vecchio mio? Eppure, a volte è difficile resistere alla tentazione di rivoluzioni e tagli netti col passato. Solo il dialogo sincero con chi ci vuole bene ed è più esperto di noi, può aiutarci a trovare il giusto equilibrio tra passato e futuro, perché non ci rifugiamo nostalgicamente tra le pareti video-sorvegliate di un museo, né ci proiettiamo in un futuro di fantasie, ma siamo presenti al presente!», proposi a mo’ di conclusione. [dGL]
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