In base a un rapporto sul traffico mondiale di armi del gruppo di esperti “Ihs Janes”, che ha condotto un’indagine in 65 Paesi, nel 2014 l’Arabia Saudita è diventata il primo importatore di armi al mondo, facendo crescere le sue spese del 54%. Ha speso 6 miliardi e mezzo di dollari, più del doppio rispetto al 2013, superando l’India, che ne ha spesi 5,8. Le stime di quest’anno parlano di una spesa di 9,8 miliardi di dollari. Il dato si collega allo sproporzionato aumento d’importazioni di armi sul piano globale – che ha visto l’anno scorso un incremento del 52% – alla particolare propensione in questa direzione dell’Asia e del Medio Oriente e a quella che viene considerata la “minaccia” iraniana, che con l’accordo sul nucleare potrebbe divenire ancora più consistente per l’area mediorientale. Da soli, Arabia Saudita ed Emirati Arabi hanno importato armi per 8,6 miliardi dollari – il dato supera le spese di tutti i Paesi dell’Europa occidentale sommati fra loro – in gran parte dagli Stati Uniti, che nel corso del 2014 hanno esportato armi in Medio Oriente per un importo di 8,4 miliardi di dollari, contro i 6 miliardi dell’anno precedente.
Un mercato che vale 407 miliardi di dollari. Come rileva lo Stockholm International Peace Research Institute (Sipri) nel suo rapporto relativo al 2013, l’Asia è il più importante mercato al mondo per il commercio delle armi: 407 miliardi di dollari all’anno. Sui primi 15 Paesi che investono nelle spese militari, 8 sono asiatici. Nella classifica, dopo gli Stati Uniti, c’è la Cina (188 miliardi di dollari), che deve tra l’altro fronteggiare le dispute territoriali nel Mar Cinese orientale e meridionale, che coinvolgono il Vietnam e le Filippine, che hanno anche loro ingrandito gli arsenali. A seguire, la Russia (87,8), l’Arabia Saudita (67), il Giappone (48,6) e l’India (47,4) – che nel corso del 2014 ha tra l’altro deciso la costruzione di 6 sottomarini, l’acquisto di oltre 8.000 missili anticarro israeliani 12 velivoli ammodernati da ricognizione Dornier – la Corea del Sud (33,9 miliardi di dollari), la Turchia (19,1) e gli Emirati Arabi Uniti (19).
Gli investimenti in armamenti subacquei. La Cina – passata dal quinto al terzo posto tra i Paesi importatori di armi – che ha come suo primo fornitore di armi la Russia, nella seconda parte dell’anno trascorso, ha dedicato i suoi sforzi al potenziamento della sua forza sottomarina, come ha rilevato un rapporto del Dipartimento della Difesa statunitense: 5 dei 56 battelli sottomarini varati, sarebbero nucleari, in grado di lanciare missili balistici, con una gittata stimata di 7.400 chilometri. All’ombra della Cina, rileva il rapporto dell’“Ihs Janes”, si consolida la posizione della Corea del Sud, che il rapporto descrive come “stella nascente” del quadrante Asia-Pacifico, sul fronte dell’export. Anche altri Paesi asiatici, possiedono sottomarini d’attacco. L’India ha 15 sottomarini, il Vietnam li acquista dalla Russia, l’Indonesia sarebbe dotata di 12 sottomarini, Taiwan ne possiede 2, Singapore possiede 6 battelli, perfino l’Australia ha investito 20 miliardi di dollari per costruire una nuova flotta di 12 battelli.
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