Bruxelles può essere intesa come una delle due “capitali del mondo”, se si considera che l’altra sia Washington? Stando a Politico.com si direbbe di sì. Anche se molti, moltissimi europei non sono neppure convinti che Bruxelles sia la capitale dell’Ue. Resta il fatto che l’innovativa testata giornalistica americana ha deciso di aprire un’edizione europea e una redazione a due passi dalle istituzioni dell’Unione. Per il 23 aprile è previsto al Parco del Cinquantenario, luogo-simbolo per lo Stato belga e per la sua capitale, un evento di lancio del giornale on line.
Così una nutrita redazione si occuperà delle politiche comunitarie e delle vicende del vecchio continente, aggiungendosi al migliaio di giornalisti accreditati che attualmente operano nella “bolla informativa” brussellese.
Al di là della disputa sulle capitali mondiali (si vorrebbe forse negare che lo siano anche Pechino, Mosca, Brasilia o altre città di Paesi emergenti? E il rango di capitale da cosa dipende? Dal Pil del Paese in questione? Dall’essere un potente centro finanziario o un’attrattiva meta turistica? Dall’ospitare prestigiose sedi culturali o religiose? In tal caso Roma, con il Vaticano e il Papa, non sarebbe della partita?), resta il fatto che un editore americano ha siglato un’intesa con un potente gruppo editoriale tedesco, Axel Springer Se (Bild, Die Welt e altri giornali), lanciando un’avventura giornalistica che ha evidenti risvolti politici, finanziari, culturali e massmediali. Giornalisti ed editori europei sono avvertiti.
Ci si potrebbe domandare a questo punto se l’arrivo di Politico.eu porterà dei vantaggi al processo di integrazione europea, nel senso di un flusso informativo più abbondante, e si spera qualificato, circa le decisioni assunte da Parlamento, Consiglio e Commissione Ue. Di sicuro un po’ di concorrenza non farà male ai media dei Paesi europei, sempre piuttosto misurati nel raccontare quanto accade a Bruxelles e Strasburgo. Non a caso quando si parla del vuoto informativo che contribuisce a tenere lontana l’Europa dai suoi cittadini, si sottolineano le difficoltà comunicative delle stesse istituzioni, ma ci si riferisce sempre più spesso alla scarsa, e tante volte imprecisa o distorta, comunicazione europea fornita da siti internet, giornali, tv e radio con passaporto Ue. È possibile dunque immaginare che anche le grandi testate di questa sponda dell’Atlantico si accorgano che a Bruxelles si decidono politiche, progetti, finanziamenti, azioni che hanno un peso assolutamente rilevante e crescente nella vita di 500 milioni di cittadini comunitari? Cosa faranno Le Monde, il Financial Times, Gazeta Wyborcza, El Paìs, la Bbc, Der Spiegel o le testate italiane per rintuzzare il nuovo competitor a stelle e strisce?
Nell’attesa di assaggiare Politico.eu e di verificare le contromosse del giornalismo europeo, si possono avanzare almeno alcune attese o desideri in questo ambito dell’informazione. Sarebbe necessario, in primo luogo, dar vita a un giornalismo capace di interessare davvero i cittadini alle questioni europee, scegliendo la doppia strada della semplificazione, che renda intelliggibile la politica Ue, e dell’articolazione del messaggio, nel senso che notizie diverse hanno in genere un pubblico differente. In secondo luogo servirebbe un’informazione in grado di segnalare la concretezza delle scelte assunte dalle istituzioni Ue che incidono sulla vita quotidiana dei singoli, delle famiglie, dei giovani, delle imprese, degli istituti di ricerca, del terzo settore e del volontariato; e che riguardano ora la lotta al terrorismo, ora il futuro della moneta unica, ora il lavoro; o, ancora, i rapporti con gli Stati vicini, la realizzazione di infrastrutture viabilistiche, la promozione di un’agricoltura sostenibile o la difesa dell’ambiente…
Non dovrebbe neppure mancare – terzo elemento – un passo in avanti verso la proposta di mass media di caratura continentale. E questo chiama in causa tanto i giornalisti quanto, se non di più, gli editori. Certo occorrerebbe superare vari ostacoli su questa strada, dagli investimenti alla redazione che “pensa europeo”, alla pubblicità fino alla non banale questione linguistica. Per coltivare un’opinione pubblica europea, elemento essenziale per far crescere la cittadinanza europea, servirebbero proprio dei media di statura continentale.
In questo orizzonte, si può anche rimarcare il fatto che il Sir cerca a suo modo di essere, specialmente con il servizio Sir Europa, da esattamente 15 anni, un media europeo, raccontando quanto accade nella politica, nelle chiese, nella società europea. Un compito che proseguirà raccogliendo la sollecitazione del nuovo colosso editoriale sbarcato dall’America.
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