questa solenne veglia di Pentecoste viene celebrata dopo il grande evento del Sinodo diocesano, che abbiamo avuto la fortuna di vivere insieme per quattro anni e la cui esperienza deve lasciare una profonda e duratura traccia nella vita della nostra Chiesa.
Ci chiediamo che cosa dobbiamo raccogliere da questo dono dello Spirito Santo alla nostra Diocesi, per evitare che la sua effusione di grazia sia avvenuta quasi invano o produca solo frutti marginali e passeggeri.
Il Sinodo vi chiede di coltivare soprattutto una forte fiducia nella potenza della Parola che converte e nell’evento della risurrezione di Gesù che salva. Sia questa fiducia la certezza indiscutibile, che vi sostiene nel lavoro pastorale delle vostre giornate, specialmente in quelle che appaiono aride o povere di risultati spirituali.
Leggiamo nel libro degli Atti che con la Pentecoste gli Apostoli, pieni di Spirito Santo, incominciarono ad annunciare la Parola del Signore con potenza, senza lasciarsi prendere dalla paura o intimorire dalle contrarietà del mondo che li circondava. Si fecero testimoni con grande forza della sua risurrezione e rendevano testimonianza di questo evento, il kerigma, “con grande forza”.
Mi chiedo che cosa questo volesse dire: di quale potenza si trattava? In che cosa consisteva questa forza? Certamente non era il volume della loro voce, né la teatralità di qualche gesto. Piuttosto la convinzione con cui parlavano, l’entusiasmo che manifestavano, il limpido messaggio che trasmettevano, questo dava forza alla loro missione.
Oggi la gente ha bisogno di vedere anche in noi, come negli Apostoli, la capacità di trasmettere questa testimonianza con grande forza: “Cristo è risorto, sì, è veramente risorto”.
Nel nostro mondo troppi stanno diventando seguaci, magari inconsapevoli, di chi, come Nietzsche, pensa che l’uomo o è creativo o è un nulla, o di chi, come Sartre, ritiene che “l’uomo è ciò che fa”. La conseguenza umana aberrante a livello personale di questo modo di pensare è che chi non fa nulla di grande, non vale niente, mentre a livello sociale abbiamo sotto gli occhi i disastri delle guerre e dei terrorismi, causati dal vuoto di ideali.
Cari sacerdoti, la formula dell’esistenza cristiana è quella già affermata da Paolo: “Non vivo più io, ma Cristo vive in me”. “Io, ma non più io”: ecco la nostra potenza, ecco la nostra grandezza! Essere noi l’Io di Cristo. “Io sono Tu che mi fai”.
Dobbiamo avere una forte fiducia in questo “Io” di Cristo dentro di noi.
E se il Signore ci vuole mettere alla prova con le difficoltà del nostro ministero e con le indifferenze del mondo secolarizzato, come allora mise alla prova Ezechiele con la domanda provocatoria “Potranno queste ossa rivivere?”, la nostra risposta sia come quella del profeta: “Signore Dio, tu lo sai”. Signore Dio, tu lo vuoi, tu puoi. Aiutami: mi hai donato il tuo Spirito. Io confido in te.
Carissimi sacerdoti, abbiate fiducia nella potenza dello Spirito Santo che è in voi! Ecco il richiamo che ci arriva da questa Pentecoste!
2. E poi a voi, carissimi fedeli laici, il Sinodo rilancia chiaramente il vostro impegno ecclesiale fondato sull’essere battezzati e cresimati.
Non dovete attendere di venire richiamati continuamente alle vostre responsabilità nella Chiesa, non aspettate speciali mandati, prendete coscienza più vivamente di quello che siete. Se veramente avete fatto esperienza del Signore, se siete stati toccati dal suo passaggio nella vostra vita, se siete stati affascinati dal suo sguardo, se vi sentite amici da Lui amati, allora voi stessi sentirete di dentro la chiamata a fare, il bisogno di testimoniare, la necessità di vivere la Parola della salvezza, senza che nessuno ve lo chieda. Vivete la vostra sana autonomia nella Chiesa!
I primi discepoli del Signore non rimanevano colpiti dalle gambe raddrizzate, dalle pelli mondate, dalla vista riacquistata, dai morti risuscitati, ma dallo sguardo di Gesù su di loro, dal quale era impossibile sottrarsi. “Gesù vedeva dentro l’uomo e nessuno poteva nascondersi davanti a lui” (L. Giussani, All’origine della pretesa cristiana, p. 63).
Ricordate la donna di Samaria: “Mi ha detto tutto quello che ho fatto”, e lei, la donna dai molti uomini, diventa apostola presso i suoi concittadini.
Ricordate Zaccheo: “Scendi, oggi devo rimanere a casa tua”. Gesù lo precede con una richiesta poco educata, ma è poi lo sguardo di amore rivolto a quel pubblico peccatore sotto una pianta di sicomoro, è l’imperativo deciso, che non ammette repliche: “Fa’ in fretta!”, che convincono quell’uomo dal cuore egoista a lasciarsi catturare dal Signore. E corre a casa convertito e pieno di gioia.
Ricordate la Maddalena. Strappata dal marciapiede, ella segue Gesù fin sul Calvario, rimane ai piedi della Croce sfidando senza paura nemici potenti, e corre al sepolcro il mattino di Pasqua, diventando apostola degli apostoli. Quale forza nello sguardo di Gesù, che la chiama per nome “Maria!”.
Ricordate Lidia, quella donna di Tiatira, commerciante di porpora a Filippi. Ella ascolta Paolo, il Signore le apre il cuore e diventa la prima donna europea convertita dalla predicazione dell’Apostolo.
Quanto è potente una parola vera, uno sguardo profondo, un incontro autentico!
Anche oggi la gente è alla ricerca del senso della vita, di una parola che tranquillizzi, di una gioia che permanga. E’ gente che cerca Gesù, come allora. “Voi cercate Gesù nazareno, il crocifisso. E’ risorto, non è qui! Vi precede”.
Carissimi fedeli, testimoniate con la vostra vita che Gesù è risorto, che ci precede, che ci aspetta.
3. Infine, a tutti il Sinodo deve richiamare la gioia della comunione e la forza della testimonianza dello stare insieme e del volersi bene in Cristo.
La torre di Babele con la sua confusione è sempre in agguato: è la presenza dell’anticristo, è la tentazione perenne per l’umanità. La voglia di “farci un nome” è sempre forte: essere qualcuno, facendo a meno del Signore. Con la conseguenza della confusione delle menti, della rivalità dei cuori e della divisione tra noi. La divisione è il diavolo.
Anche oggi non siamo lontani da Babilonia, quando coltiviamo le contrapposizioni, palesi o nascoste. Anche oggi riviviamo l’esperienza negativa di allora, quando ci lasciamo prendere dalle invidie. Il diavolo quanto è furbo e come è facile lasciarci irretire da lui.
Ricordiamo che “noi tutti siamo stati battezzati in un solo Spirito per formare un solo corpo”, come insegnava Paolo ai Corinzi (1 Cor 12, 13). E quale umile gioia si sperimenta, quando nelle nostre comunità si lavora insieme per il Signore! Quanto sono belle le nostre Parrocchie che vivono in armonia!
Ormai siamo alle porte del VII Incontro Mondiale delle Famiglie, che si celebrerà a Milano con la presenza del Santo Padre Benedetto XVI. Quale stupore proviamo quando si vedono famiglie unite! Quale forza educativa e rasserenante promana dalla vita concorde dentro le nostre case! Lì il demonio rimane sconfitto, lì la testimonianza cristiana è vera, lì c’è la gioia di essere discepoli di Gesù, lì lo Spirito Santo fa sentire quanto sia bello rimanere guidati da lui!
Questo prossimo Incontro delle famiglie ci deve ricordare che compito primario dei genitori è quello di trasmettere ai figli la fede e di educarli a vivere quei valori, quelle ragioni e quella speranza, che si fondono sulla persona viva del Signore. Questo prezioso patrimonio della fede, questo tesoro formidabile rimane il lascito senza prezzo, che ogni generazione deve trasmettere a quella successiva.
Le nostre famiglie vivano questo impegno con semplicità e con gioia, sapendo andare controcorrente in questo nostro tempo, che appare ben lontano dal Signore, ma che in realtà non può fare a meno di Lui.
Carissimi, questa sera viviamo ancora una volta una forte esperienza di Chiesa: Parrocchie, movimenti, religiosi e religiose, diaconi, presbiteri, Vescovo, in comunione tra noi ed animati dall’unico Spirito. Sentiamo la gioia di essere salvati, gustiamo la tenerezza di venire amati, testimoniamo la bellezza del nostro stare con il Signore.
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