È proprio difficile accettare che una città come Milano venga messa a ferro e fuoco da qualche centinaio (forse un migliaio) di “black bloc”. Ancor più dopo aver ascoltato i bambini del coro dell’Expo, con i loro grembiulini bianchi, cantare “siamo pronti alla vita”. Senza facili sentimentalismi ci avevano appena riempito il cuore di speranza, perché loro sono il nostro futuro. Ed ecco, invece, il presente materializzarsi come un’orda nera di giovani e meno giovani con il volto celato dai caschi e dai passamontagna, con le mani occupate a violentare la città. Ore di guerriglia urbana nel cuore di una capitale dell’Occidente che per sei mesi avrà su di sé gli occhi del mondo.
Non è il momento delle analisi sociologiche. Prendiamo atto del fatto che nel ventre dell’Europa c’è un cuore nero di odio che non perde occasione, con tecniche raffinate di guerriglia e di mimetizzazione, per portare lo scompiglio e la violenza fra la gente comune.
Non finiremo mai di chiederci, però, come sia possibile per mille violenti infiltrarsi in una manifestazione e poi riuscire a dileguarsi senza il complice sostegno e silenzio di quello che solo apparentemente è un popolo antagonista non violento. Non abbiamo sentito le scuse degli organizzatori della manifestazione di protesta, né una presa di distanza. Piuttosto, abbiamo ascoltato arroganti parole di adesione, soddisfazione e complicità. È quella che gli esperti chiamano la “zona grigia”. Possiamo permetterci di sottovalutarla?
A quel qualcuno che ha chiesto alle autorità civili l’autorizzazione a manifestare, non andrebbe chiesto conto di quanto è accaduto? Oggi si discute di chi pagherà i danni a quanti sono stati colpiti e danneggiati. Un’idea ce l’avremmo. La legge non lo prevede, ma come accade negli stadi di calcio che vengono chiusi, almeno dovrebbe essere interdetta la piazza ai violenti. A tempo determinato? Fate voi.
Nel frattempo l’Europa intera, attraverso le sue polizie e le sue intelligence deve costruire un’anagrafe del nuovo terrorismo interno. Questo anarchismo intermittente – non facciamoci illusioni – può divenire il terreno di coltura di un nuovo terrorismo. Meglio correre subito ai ripari.
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