Torna a crescere il tasso di impiego della popolazione europea dall’inizio della crisi finanziaria. Ma i dati italiani permangono in fondo alle classifiche continentali. Eurostat diffonde oggi a Bruxelles uno studio che indica come la popolazione attiva dell’Ue d’età compresa tra i 20 e i 64 anni alla fine del 2014 risultava essere al 69,2%; un dato simili a quello della fine del 2008, che era pari a 70,3%. Il tasso di impiego per la popolazione maschile è al 75,0%, mentre quello femminile è di dodici punti inferiore (63,5%). L’obiettivo della strategia Europa 2020 (definita prima della crisi e relativa al pieno impiego e al lavoro “di qualità”) è fissato al 75% per l’insieme della popolazione comunitaria. I maggiori livelli di popolazione attiva si registrano nel nord Europa, con i record in Svezia (80,0%), Germania (77,7%), Regno Unito (76,2%), Paesi Bassi (76,1%), Danimarca (75,9%). Al contrario, tassi inferiori al 60% si registrano in quattro Stati: all’ultimo posto la Grecia (53,3%), quindi Croazia (59,2%), poi Spagna e Italia appaiate (59,9%). Lo scarto tra tassi di impiego tra uomini e donne è invece minimo in Finlandia, Lituania, Lettonia, Svezia, Bulgaria, Portogallo, Francia, Danimarca, tutti con dati inferiori o attorno al 7%. La media Ue si colloca a 11,5%. La situazione opposta si verifica a Malta, dove la differenza di impiego tra uomini e donne raggiunge il 28,4%. L’Italia è in tal senso la penultima in classifica, con il 19,5%, subito dopo la Grecia.
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