DIOCESI – Prosegue la nostra “rubrica dal carcere” leggi i precedenti articoli curata dai volontari della nostra diocesi.
Questa settimana vi proponiamo la testimonianza di tre detenuti.
Siamo qui io e te…
Prigionieri di questa inevitabile realtà cercando rifugio in un semplice ma utile foglio di carta…
Tu terribilmente accecato dalla rabbia, io infinitamente triste e rassegnato…
I pensieri corrono veloci, senza meta, senza nessun traguardo prefissato, incuranti di cosa possa succedere all’ interno di un esile e fragile corpo umano.
Siamo soli io e te…
Forse perché è quello che abbiamo sempre desiderato o semplicemente perché il susseguirsi di eventi è stato considerato come una primaria necessità da non so quale forza superiore.
Soli con la nostra parte oscura, il nostro lato ombrato, dove la luce della nostra ragione si terrorizza al solo pensiero di offrire uno spiraglio di luce scossa dalla paura… quell’angosciante paura di essere sconfitto.
Abbiamo sempre avuto timore del buio, il solo pensiero ci tramutava in gelide statue di pietra…ma ora è proprio in questa zona buia e fantastica che ci muoviamo agili e spensierati dopo aver scoperto all’improvviso un mondo sconosciuto e un nuovo volto adottato allo specchio. Stati d’animo costituiti da inquietudini e gravi turbamenti ci accompagnano in questi giorni di prigionia.
M.
PENSIERI
Mi chiedo spesso, anzi quasi puntualmente da più di 15 mesi cosa mi aspetta dopo questa bruttissima esperienza, ma anche se mi sforzo di essere ottimista non riesco ad immaginare nulla, che mi faccia pensare al mio futuro in modo positivo. Il pensiero che più mi fa paura è il poter ritornare a varcare la soglia dell’inferno nel quale già sto vivendo e questo mi crea un turbamento interiore, che mi porta al non stare bene con me stesso e con chi mi circonda. Certo sarebbe stupendo uscire e trovare un lavoro che mi permetta di vivere onestamente, ma questo è solo un sogno purtroppo irrealizzabile, perché da quanto si sente alla tv e si legge sui giornali, lavorare diventa ogni giorno che passa sempre più difficile, tranne se non hai una raccomandazione o sei figlio di qualche persona importante. A volte provo il disgusto per la vita stessa, sentendo che una modella, un calciatore, un attore e cosi via, guadagnano fior di miliardi per far cose che alla fin fine non sono utili a nessuno, mentre ci sono milioni di bambini e non solo, che muoiono tutti i giorni di fame. Giuro non parlo per invidia, perché ho sempre apprezzato ciò che la vita mi ha dato, ma il pensare che c’è chi ha tanto e chi non ha niente mi provoca una rabbia indescrivibile. A volte vorrei tanto che il mondo finisse, per poter poi ripartire tutti dall’inizio con le stesse cose e prima di tutto un lavoro per tutti (so che è solo la mia fantasia) ma sono sicuro che ci sarebbero, per prima cosa le carceri vuote, non ci sarebbero morti ammazzati e soprattutto tornerebbe tra le genti il rispetto e il bene reciproco, cosa che nella realtà di oggi ormai non esiste più.
“SPERANZA”
Incontro con i volontari, con la presenza del Magistrato di sorveglianza e di don Francesco dei Salesiani.
Il discorso e i commenti sono rivolti alla parola Speranza, con quest’incontro ho capito cosa vuol dire sperare, un detto napoletano dice che di speranza vive disperato muore, invece non è vero. Mi ha colpito molto la testimonianza della volontaria Silvia quando ha riportato queste parole di sua madre: “Sei l’unica persona che prende le ferie per andare in carcere”. Questi fantastici volontari stanno dedicando il loro tempo a farci capire questa parola, ed avere speranza nel futuro, una speranza di una vita migliore. “LA SPERANZA. È CRISTO”
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