Sono due, anzi tre, le date che – nel 2012 – hanno ferito la pianura padana. Se la scossa del 20 maggio, infatti, segnò il momento iniziale di presa di coscienza che la terra stava tremando, con 7 morti e tanti edifici danneggiati (soprattutto quelli con maggiore storia, come le chiese), la mattina del 29 la gente emiliana – ma anche del Mantovano e del Rodigino – fu ancor più colpita: le scosse portarono nuovamente morte (20 le vittime) e distruzione, mettendo a dura prova la speranza e la volontà di rinascita. Infine, in quello sciame sismico che registrò oltre 2mila scosse lungo vari mesi, occorre ricordare il 3 giugno, che segnò tra l’altro il crollo dell’antica torre dell’orologio di Novi di Modena, uno degli emblemi dell’Emilia ferita.
Parziale ricostruzione. Tre anni dopo, alla distruzione ha fatto seguito una parziale ricostruzione, ma la strada è ancora lunga, come ha riconosciuto lo stesso presidente della Regione Emilia Romagna e commissario delegato alla ricostruzione, Stefano Bonaccini. Secondo i dati della Regione è al 60% la ricostruzione di abitazioni e imprese, che fin dal primo momento vennero annoverate tra le priorità, davanti a chiese, beni culturali ed edifici pubblici. Ammontano a 1 miliardo e 770 milioni di euro i contributi concessi, di cui 800 milioni liquidati: in particolare, 1 miliardo e 89 milioni di euro per le abitazioni (liquidato oltre il 50%); 682 milioni per le imprese (un terzo liquidato). Ancora, sono 15.800 le abitazioni ripristinate, al cui interno sono tornati oltre 25mila cittadini, ma quasi 1.300 persone vivono ancora in 410 moduli abitativi prefabbricati (Map). 4.645 i nuclei familiari tuttora assistiti, di cui 3.700 – le cui case sono fortemente danneggiate – beneficiano del “contributo di autonoma sistemazione”. Ancora peggiore la situazione in Lombardia, dove i danni del terremoto ammontano a un miliardo, ma metà del fabbisogno manca all’appello.
Sette chiese riaperte a Carpi. Per quanto riguarda i beni ecclesiastici, la diocesi più colpita fu indubbiamente Carpi, che rimase con sole 3 chiese agibili. A oggi “la Regione ha finanziato i progetti per il recupero di altrettante chiese e sette di queste sono già state restaurate e riaperte”, spiega Marco Soglia, tecnico incaricato dalla diocesi per la ricostruzione, mentre per altre 11 chiese “la Regione ha promesso il finanziamento ma non ha ancora emesso l’ordinanza di assegnazione fondi”. Fondi regionali sono stati stanziati anche per una decina di canoniche e un finanziamento parziale è giunto per iniziare i lavori al duomo di Mirandola e alla chiesa di San Pietro Apostolo a Fossa di Concordia. Ancora in attesa di approvazione, invece, il progetto per la Cattedrale, per la quale nel 2015 ricorrono i cent’anni dalla posa della prima pietra, mentre è stato approvato il progetto esecutivo per la risistemazione e il miglioramento sismico del palazzo vescovile. “I lavori – informa Soglia – inizieranno entro luglio, la durata prevista è di 400 giorni e la spesa è di 2 milioni e 300mila euro più Iva, che si sommano ai 200mila più Iva già erogati per la messa in sicurezza”.
Modena, “percorso lento”. A Modena la ricostruzione sta seguendo “un percorso molto lento” ad avviso del settimanale diocesano “Nostro Tempo”. Per le strutture diocesane (chiese, opere parrocchiali, scuole materne ecc.) il danno è stato di 121 milioni di euro e sono necessari 110 interventi; dopo il primo anno “interamente dedicato alla messa in sicurezza, per la salvaguardia dei beni danneggiati dal sisma” – informa la diocesi – ora è in corso la ricostruzione con 50 interventi inseriti nel piano di ricostruzione 2013/2014 (per circa 40 milioni di euro) e 9 completati o che termineranno a breve. “Le chiese di Modena di proprietà della diocesi colpite dal terremoto, grazie agli interventi di messa di scurezza e pronto intervento – spiega al settimanale diocesano Mario Guglielmo Ferraridell’ufficio ricostruzione – sono tutte aperte al culto, in sicurezza, ad eccezione del Santuario della Madonna del Murazzo”, mentre i lavori necessari nelle tre chiese di proprietà del Comune (San Biagio, Sant’Agostino e Tempio) “sono in attesa di approvazione del progetto”. Lavori in corso anche nella bassa reggiana, nel Bolognese e nel Ferrarese.
Mantovano in “affanno”. Oltre al confine emiliano, nella diocesi di Mantova 129 chiese furono dichiarate inagibili. “A fronte di 50 milioni di euro di danni complessivi, finora sono stati investiti circa 22 milioni di euro”, dichiara donClaudio Giacobbi, vicario episcopale per gli enti e i beni ecclesiastici, precisando che con tale importo (raggiunto anche grazie a mutui bancari) si sono potute aprire 104 chiese su 129. Ma le 25 che ancora mancano all’appello rappresentano “i casi più gravi”: per una quindicina “i progetti sono in fase di avvio e verranno finanziati parte con i rimborsi assicurativi, parte ricorrendo ancora al credito bancario”, mentre per altre – a Moglia, Quistello e San Giovanni del Dosso in particolare – “siamo in serio affanno – ammette il vicario – e se non intervengono provvedimenti pubblici non sappiamo dove trovare i soldi”. Qui la ricostruzione è stata possibile principalmente grazie ai rimborsi assicurativi e a elargizioni della Caritas e dei privati, mentre la Regione Lombardia “con un fondo regionale di rotazione ha finanziato 18 progetti per 5.100.000 euro, di cui 1.300.000 a fondo perduto e i restanti da restituire in 15 anni”. Non c’è alcuna polemica nelle parole di don Giacobbi, ma i dati parlano da soli, mostrando lo sforzo e le difficoltà di una comunità lasciata pressoché sola ad affrontare la ricostruzione.
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