Un ente “debole”, nato in sordina il 1° gennaio scorso, ma che costituisce un “passaggio epocale” ed è depositario di grandi speranze. È la fotografia della città metropolitana di Milano realizzata dalla Fondazione Ambrosianeum nel “Rapporto sulla città. Milano 2015”, presentato oggi (29 giugno) nel capoluogo lombardo. “La Città metropolitana: sfide, contraddizioni, attese” è il titolo del volume, edito da Franco Angeli con il contributo della Fondazione Cariplo.
Passaggio epocale avvenuto in sordina. Di “passaggio epocale, sia perché lungamente atteso, sia perché le conseguenze sulle diverse dimensioni dello sviluppo locale (politica, economica, sociale, urbanistica ecc.) potrebbero essere rilevanti e di lungo periodo”, ha parlato la curatrice del Rapporto, Rosangela Lodigiani, ricercatrice in sociologia all’Università Cattolica. Un passaggio, tuttavia, avvenuto “sostanzialmente in sordina”. L’analisi, rivolta a Milano, si potrebbe estendere anche alle altre città metropolitane italiane. La causa, infatti, non è tanto l’Expo che avrebbe “catalizzato l’attenzione”, quanto piuttosto una serie di scelte politico-istituzionali che, per dirla con le parole del costituzionalistaValerio Onida, hanno fatto della nuova entità una realtà “debole”, frenando la nascita di una “coscienza metropolitana”. Nel definire il nuovo ente locale, infatti, “si è discusso soprattutto dell’assetto istituzionale e poco del senso”, di “come può cambiare e migliorare la vita dei cittadini”, ha osservato Lodigiani, mentre proprio quest’ultima è la chiave per il successo della città metropolitana, ovvero “mettere al centro la cura delle relazioni”. In secondo luogo, ha contribuito al poco impatto con i cittadini la scelta di far coincidere i confini amministrativi con quelli dell’ex provincia, e ancora di più averla pensata come un ente di secondo livello, “con un sindaco insediato d’ufficio e organi di rappresentanza frutto di elezioni di secondo grado”.
Non c’è spazio per campanilismi. Ma il futuro non può prescindere da questo ente e sfide sempre più globali non lasciano spazio a campanilismi vari. “Tra un anno Milano andrà al voto: se a partire da oggi non mette al centro il progetto di governo della città metropolitana vuol dire che non pensa ai cittadini, ai servizi per i suoi cittadini, insomma, al futuro”, ha rimarcato il presidente dell’Ambrosianeum, Marco Garzonio, auspicando che questa riforma “non sia l’ennesima occasione perduta”, che si limita a “un’ingegneria istituzionale, ovvero alla distribuzione dei poteri”. E se di recente “il sindaco Pisapia – ha affermato Garzonio – ha parlato della città metropolitana come di ‘una Ferrari senza benzina’”, non è tempo per “litigare sulle piccole cose”, bensì bisogna cominciare a pensare i “contenuti”, “con tutti i soggetti coinvolti”. “Questa città metropolitana – ha aggiunto – può essere un’occasione per costruire un metodo fra istituzioni, territorio e realtà sociali”, purché si sperimenti il “confronto”, nella convinzione che “o si adotta un metodo di condivisione, o altrimenti è difficile andare avanti”. Un esempio? La gestione dell’accoglienza dei profughi, la quale “dimostra – ha annotato il vicesindaco di Milano, Ada Lucia De Cesaris – che non è possibile andare avanti per piccole realtà territoriali che non si confrontano”. Come pure per la casa, la formazione dei giovani e la loro immissione nel mercato del lavoro, “temi – ha annotato don Gino Rigoldi, presidente dell’associazione Comunità nuova onlus – che possono creare unità”.
Dare un’anima al futuro. Quanto avvenuto il 1° gennaio 2015 rappresenta “un primo passo, anche dal punto di vista amministrativo, per riconoscere e operare su un dato di fatto: tutte le terre ambrosiane costituiscono già da ora la metropoli di Milano. E questo dato di fatto, lungi dallo spegnere la loro articolata ricchezza, la pone in pieno valore”. Con queste parole l’arcivescovo di Milano, cardinale Angelo Scola, nel tradizionale discorso alla città del 7 dicembre scorso ha sottolineato l’attenzione con cui la Chiesa guarda alla città metropolitana, visto che “l’avanzare dello scenario urbano – scrive nel Rapporto monsignor Luca Bressan, vicario episcopale per la cultura, la carità, la missione e l’azione sociale dell’arcidiocesi ambrosiana – obbliga il cristianesimo occidentale a ripensare in modo serio le forme della sua presenza tra la gente”. E se la posta in gioco, oggi, è “dare un’anima al futuro di Milano”, “lavorare alla costruzione della città metropolitana per la Chiesa – prosegue Bressan – non è solo un’operazione meramente amministrativa; molto più profondamente, vuol dire lavorare all’individuazione e alla maturazione di quest’anima, pescando dalla nostra storia e guardando al futuro”. Non è l’“ingegneria istituzionale” a costruire l’anima e la coscienza della città, bensì il contributo che viene da tutti gli uomini e le donne che la abitano, dai vecchi e dai nuovi cittadini.
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