Poche storie. La Regione sta applicando il Vangelo, con le misure di sostegno al reddito. Lo scriviamo perché l’assessore regionale al Lavoro, Loredana Panariti, speriamo senza malignità ideologica, ha detto in Consiglio regionale che “non si sta parlando di carità compassionevole”. Invece proprio questo ha codificato, lunedì 29 giugno, l’assemblea regionale.
Carità e compassione. Che cos’è la carità? E quando è compassionevole? La politica, ha spiegato Paolo VI in un memorabile intervento, è la più alta forma di carità. La politica, ben s’intende, quando si fa carico delle persone, anzi della persona, di tutta la persona. La carità è una virtù che si coniuga direttamente con la giustizia. Le misure proposte dalla stessa Panariti non rispondono forse a questo criterio? Il sostegno al reddito, come ha puntualmente illustrato la presidente Debora Serracchiani nelle conclusioni del dibattito, non è mera solidarietà. È una presa in carico, nient’affatto assistenzialistica perché indica una prospettiva, del friulano (ma non solo) che per determinate circostanze si trova privo di lavoro, quindi della sua dignità. Questa è la carità del Vangelo, fin dal Gesto di san Martino che condivide il suo mantello col povero. Poi c’è la compassione. Etimologicamente significa “patire con”. Noi tutti ci auguriamo che i decisori politici, nel momento in cui hanno assunto queste scelte, l’abbiano fatto perché anche loro patiscono i poveri, gli impoveriti, quindi i disoccupati di queste terre. O no, assessore Panariti? Che vuol dire, in sostanza, chiedersi se gli eletti o i nominati in Regione hanno un’anima? Noi crediamo di sì.
Le misure adottate. Ma, bando alle riflessioni, vediamo che cos’è stato deciso. L’erogazione, intanto: è di 550 euro al mese. È rivolta ai nuclei familiari, anche costituiti da una sola persona, con Isee inferiore a 6.000 euro annui, residenti in Regione (almeno un componente) da almeno 24 mesi. Si tratta di un contributo economico calcolato in modo da ridurre la distanza tra l’Isee del nucleo familiare rilasciato al momento della domanda e quello di 6.000 euro, definito come soglia minima per l’accesso. Non c’è un bando al quale partecipare, con la ressa di richiedenti, la graduatoria finale, l’enorme carico di lavoro burocratico e tutte le conseguenze negative che ben si conoscono per esperienze precedenti, ma è uno strumento in mano ai servizi sociali. La durata del beneficio è prevista in 12 mesi rinnovabile per altri 12, ma con una sospensione di almeno 2 mesi. La misura è universale, ma al tempo stesso selettiva. Significa che per potervi accedere è necessario che il nucleo familiare si impegni a sottoscrivere un “patto” con i servizi sociali dal quale emergano diritti e doveri reciproci. In questo “patto” i beneficiari si impegnano a seguire un percorso che permetta (o favorisca) l’uscita dalla condizione di difficoltà; parimenti i servizi s’impegnano a sostenere ed aiutare la famiglia non solo con l’erogazione di un assegno mensile (comunque non superiore a 550 euro), ma anche con un insieme di azioni che favoriscano l’obiettivo (esperienze formative, partecipazione al mercato del lavoro, oltre a definizioni di comportamenti relativi alla responsabilità personale e genitoriale).
Dieci milioni di euro. La misura viene proposta in forma sperimentale; la sua concreta gestione può richiedere una serie di aggiustamenti anche in base alle esperienze. La disponibilità economica è pari a 10 milioni di euro previsti nella finanziaria 2015. Dal 2016 si potrà sommare agli 11 milioni di euro del fondo di solidarietà; dopodiché, anche in base alle risultanze di una prima applicazione della Legge, la Regione dovrà verificare quale sia una cifra congrua da assegnare per questo obiettivo. Si calcola una platea che va dagli 8mila ai 10mila soggetti interessati. Questa, dunque, è una risposta molto concreta, non aleatoria alla crisi che continua a martellare. Se nel 2013 oltre 200mila persone, pari al 16,7%, risultavano a rischio povertà o esclusione sociale, a settembre 2014 il tasso di disoccupazione era pari al 12,6% e per i giovani tra i 15 e i 24 anni risultava del 42,9%. Oramai oltre il 40% dei disoccupati (ovvero più di 42mila persone) in Regione è alla ricerca di un lavoro da oltre un anno (circa 18mila i disoccupati di lunga durata); e a questi numeri si possono sommare i così detti inattivi, ossia coloro che sono in condizione non professionale o che neppure cercano un lavoro (anche qui quasi 42 mila).
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