Da 35 anni vige in Cina la legge piuttosto ferrea del “figlio unico”, che soltanto in pochi (quei rari casi di cui si è avuta notizia) hanno osato infrangere, per lo più famiglie contadine nei villaggi interni dove avere un secondo figlio voleva dire poter disporre di braccia che aiutavano nei campi. Ma ora arriva la sorprendente notizia che il governo cinese sembra orientato a concedere alla popolazione il “permesso” di poter avere due figli. Stiamo parlando dello Stato più popolato al mondo, con 1,3 miliardi di abitanti, dove grazie alla politica del “figlio unico” non sono venuti al mondo in tre decenni 400 milioni di bambini e bambine.
I modi per convincere gli sposi a non avere il secondo figlio sono stati i più diversi: da quelli benevoli, con agevolazioni sul lavoro, fiscali e nei servizi, a quelli più pesanti con minaccia di licenziamenti, arresti o addirittura incarcerazione per quanti avevano due o più figli. Per non parlare di aborti forzati e abusi sulle donne “disobbedienti”, di cui sono trapelate rare notizie. Insomma, la Cina nel bene e nel male si conferma un Paese misterioso, con cui fare i conti e che oggi si trova di fronte a esiti demografici che forse i suoi stessi governanti non avevano immaginato negli anni ‘80, quando decisero la linea del “figlio unico”. Infatti, un primo fattore che sembra aver indotto il ripensamento e l’apertura al secondo figlio è rappresentato dall’elevato numero di maschi rispetto alle femmine: negli ultimi decenni, per sistematici aborti selettivi oltre che per fattori culturali, sono nati in Cina mediamente 118 maschietti contro 100 femminucce. Il divario è statisticamente fortissimo, considerato che a livello mondiale la popolazione vede 107 femmine ogni 103 maschi. Il risultato è che i governanti cinesi sono alle prese con oltre 40 milioni di maschi adulti che non riescono materialmente a trovare moglie, scapoli forzati mentre la popolazione – per via del figlio unico – invecchia rapidamente. Proseguendo così, entro 20-30 anni la Cina verrebbe a trovarsi in un imbuto demografico con una marea di anziani e pochissimi giovani che lavorano per sostenerli e sostenere il sistema sociale ed economico.
A motivare questa svolta epocale per la Cina è anche il rischio di un’esplosione della “bolla” immobiliare, anticipato dai crolli ormai poderosi della borsa di Shangai, che in poche settimane ha perso oltre il 30% (dopo però aver guadagnato il 100% negli ultimi due anni). Insomma la Cina è alle prese con un problema enorme di gestione complessiva delle proprie risorse, sia umane sia economiche, ed è singolare che il partito comunista non traballi. Anzi il regime sta pianificando operazioni epocali quali la creazione della cosiddetta “Super Pechino”, una mega-città di 130 milioni di abitanti dove verranno spostati tutti i palazzi del potere, mentre la vecchia Pechino rimarrà centro culturale, turistico e del terziario high-tech. La nuova capitale avrà una superfice pari a un terzo dell’Italia, ospiterà linee ferroviarie da 300 km l’ora, decine di metropolitane, quartieri grandi come tutte le città italiane messe insieme e zone di sviluppo industriale, produttivo, della logistica e trasporti. Insomma, la Cina si appresta a stupire ancora una volta il mondo e a noi occidentali, abituati a numeri più piccoli e ai valori tradizionali della famiglia, della piccola impresa artigianale, del negozietto “sotto casa”, delle città di provincia a misura d’uomo tutto ciò lascia un senso di sgomento, sicuramente di stupore.
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