Una formazione umana integrale, contraddistinta in particolare dall’imitazione di Cristo e dalla gioia. È ciò di cui hanno bisogno i sacerdoti di oggi e del futuro, secondo monsignor Jorge Carlos Patròn Wong, Segretario per la Congregazione per il Clero, intervistato da ZENIT, a margine del Corso di Formatori di Seminari, promosso dall’Istituto Sacerdos, dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, nell’ambito del quale, il presule è intervenuto venerdì scorso.
Quali sono, secondo lei, le principali sfide per la formazione pastorale di oggi?
La sfida più grande per la formazione pastorale oggi è integrare insieme l’elemento umano, spirituale apostolico ed intellettuale affinché i seminaristi ed i sacerdoti abbiano la stessa formazione di Gesù e un cuore di Pastore. I giovani candidati, così come i sacerdoti, sono chiamati ogni giorno ad essere discepoli e ad imparare da Cristo. Allo stesso tempo, oltre a formarsi, essi sono chiamati a comunicare il Vangelo nel mondo, nel modo più efficace e attraente possibile. La missione del sacerdote, infatti, è soprattutto quella di annunciare il Vangelo per illuminare il popolo sul progetto d’amore di Dio. La sfida è dunque permanente e non si ferma solo all’aggiornamento pastorale o intellettuale. Il sacerdote è chiamato ad esprimere all’esterno quell’intimità ed empatia che egli ha con Cristo, attraverso un atteggiamento umano che si esprime nella misericordia, nell’ascolto e nel dialogo. La bellezza della formazione sacerdotale, citando Sant’Agostino, risiede nel suo essere un “ufficio d’amore”. Solo in questo senso l’uomo è “toccato” davvero da Dio.
Papa Francesco ai sacerdoti si è rivolto così: “siate Pastori con l’odore delle pecore”. Come sviluppare nei seminari questo concetto?
Dobbiamo avere come modello Gesù stesso, buon Pastore. Dal momento in cui Dio si è fatto uomo, anche i ministri del Signore devono essere dalla parte della gente, fra la gente e per la gente. L’amore di Dio lo sperimentiamo anche attraverso le altre persone ed è proprio in questo modo che la vocazione sacerdotale nasce, proprio dalla vicinanza con gli altri membri della Chiesa. Perché il sacerdote comunichi alle sue “pecore” questo sentimento, deve fare in modo che tale amore diventi concreto nella forma del servizio gratuito. Se non c’è servizio concreto, non c’è l’amore. Per questo bisogna sempre guardare a Dio e lasciarsi guidare e “sedurre” da Lui (cfr. Ger 20,7), che si è fatto uomo e ha vissuto una profonda compassione per l’umanità, fino al dono totale di sé.
Come può l’esortazione apostolica Evangelii Gaudium inserirsi nella formazione dei futuri sacerdoti?
Questa esortazione apostolica sta offrendo a tutta la Chiesa un respiro ampio e una rinnovata freschezza della fede, perché ci ricorda che il Vangelo è la buona notizia dell’incontro con Gesù che riempie il cuore di gioia. Al sacerdote è raccomandata questa gioia del discepolo missionario, chiamato a condividere con il popolo, ciò che il Signore ha fatto con Lui. Il documento ci invita a essere una “Chiesa in uscita”, esperta nell’arte dell’accompagnamento, della cura delle ferite, della misericordia e dell’incontro e, in tal senso, ci offre delle preziose linee guida per la formazione pastorale dei futuri pastori. Quando un pastore vive la gioia del Vangelo e aiuta il popolo di Dio a uscire da quello che Papa Francesco chiama “pessimismo sterile” che spegne il fervore apostolico, egli diventa un testimone capace di attrarre e di far risplendere la bellezza della chiamata vocazionale. In questo senso, la gioia è un elemento e un segno importante per il discernimento vocazionale. Inoltre, è importante che la serietà e la responsabilità nel cammino formativo non vadano a discapito della gioia, presentando magari una immagine sacerdotale fatta di tristezze e rinunce; il leitmotiv e motore di tutta la formazione, iniziale e permanente dei sacerdoti, è la gioia. Gioia di incontrare e accogliere Cristo, gioia di condividere questo dono con il popolo.
Vuole aggiungere altro?
Sì, vorrei solo dire che la vita di papa Francesco è un chiaro esempio di quanto abbiamo appena detto. Egli è un dono pastorale per la Chiesa di oggi. Gli stessi sacerdoti e seminaristi possono trovare in lui un esempio concreto di Pastore gioioso e vicino alla gente. Inoltre, in un mondo come quello di oggi, contraddistinto da sofferenze e povertà, arriva forte il grido della necessità di avere dei buoni pastori. Solo attraverso buoni esempi la vita sacerdotale trova un senso nella società odierna. In questo senso, vorrei incoraggiare i formatori, quelli che si impegnano qui nell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum e in ogni altra parte del mondo: anche in mezzo alle difficoltà e alle sconfitte, vivete con entusiasmo e speranza la vostra missione e lavorate con zelo e creatività per formare pastori secondo il cuore di Cristo!
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