REGIONE MARCHE – Pochi giorni fa le Marche hanno confermato per il 2012 gli interventi regionali a favore di adulti e minorenni detenuti, per un totale di 837 mila euro, stessa cifra dello scorso anno. I progetti partiranno il 1° gennaio 2013 e saranno volti a favorire l’inclusione lavorativa, l’inclusione sociale, le attività culturali, trattamentali e di prevenzione della recidiva: in più quest’anno c’è un nuovo progetto finalizzato al potenziamento del supporto psicologico in ambito penitenziario. Gli interventi d’inclusione socio-lavorativa, curati dagli Ambiti territoriali sociali, sono servizi erogati fuori dal carcere, rivolti a ex detenuti e a detenuti in esecuzione penale esterna o prossimi alle dimissioni che si trovano ad avere occupazioni non stabili e difficoltà economiche ed abitative. Per quanto riguarda le attività trattamentali culturali, l’obiettivo è valorizzare le esperienze di teatro e la diffusione dei servizi bibliotecari in carcere. Un’attività avviata, in campo minorile, è il progetto “Educazione alla legalità, per una prevenzione dei nuovi reati minorili”, che consiste in una serie di azioni a favore di studenti, insegnanti e genitori.
Inversione delle priorità. “Il dato positivo di questo provvedimento – dice Samuele Animali, presidente regionale dell’associazione Antigone – è che in tempi come questi si è mantenuto il livello economico dello scorso anno; quello negativo è che negli anni passati non si è riusciti a spendere parte di quei fondi: speriamo che questa volta i finanziamenti siano utilizzati”. Per il presidente il lavoro è “uno degli aspetti essenziali rispetto al trattamento: imparare un mestiere è forse la cosa più importante da fare nel periodo della detenzione”. Lo stato delle carceri marchigiane, anche a causa del sovraffollamento (secondo i dati del ministero della Giustizia, al 31 ottobre in regione ci sono 1.215 detenuti, a fronte di una capienza regolamentare di 777), è “pessimo” e i “problemi di salute, uno degli ambiti di competenza della Regione, non sono adeguatamente affrontati”. Per Animali, gli istituti di pena marchigiani, ma anche italiani in generale, hanno dei gravi problemi strutturali e certi tipi d’intervento, come quello della Regione, rischiano di essere un palliativo. “Questi fondi – spiega – sono l’unica fonte di liquidità per interventi che dovrebbero essere sistematici”; il problema è che “si fanno i corsi di teatro e non si danno prospettive di lavoro, con un’inversione delle priorità”.
Rischio “episodicità”. Secondo don Giovanni Varagona, ex cappellano del carcere di Barcaglione (Ancona) e tuttora volontario presso la medesima struttura, “il carcere è oggi una realtà chiusa e i progetti hanno spesso il carattere dell’episodicità”. Per il sacerdote, “il vero problema delle strutture di detenzione non è il sovraffollamento, ma il fatto che c’è ancora una mentalità in cui prevale il concetto di contenimento piuttosto che quello di rieducazione”. In poche parole “il carcere dovrebbe essere predisposto per i progetti educativi, e quando si organizzano dovrebbero essere meglio predisposti e integrati”. Il sacerdote nota che se i “detenuti non sono accompagnati all’uscita, anche se hanno imparato un mestiere nel periodo in cui erano ristretti, non riescono proprio a reinserirsi”. Don Varagona ritiene interessante la parte del progetto della Regione che si occupa di educazione alla legalità nelle scuole, che dovrebbe essere accompagnata, però, da una visita effettiva dei ragazzi alle carceri, perché “quando entrano hanno i loro pregiudizi, ma quando escono hanno la consapevolezza di aver incontrato delle persone”.
Fuori Riga. “Da circa un anno e mezzo seguo un progetto di giornalismo all’interno della casa circondariale di Montacuto (An) e ogni settimana m’incontro con i detenuti che partecipano al corso e insieme realizziamo il nostro periodico, ‘Fuori Riga’ – spiega la giornalista Giulia Torbidoni -. In base a questa piccola esperienza posso dire che è fondamentale che le istituzioni appoggino e sostengano anche economicamente percorsi d’inclusione lavorativa dei detenuti. Il lavoro è una delle questioni che più trattiamo negli incontri di ‘Fuori Riga’ ed è davvero il primo passo per portare le persone a cambiare vita, a capire che vivere rispettando le regole è possibile e gratificante, a vedersi utili all’interno della società e quindi a sentirsene parte integrante”. Attraverso ciò si concretizza “davvero il principio rieducativo della pena descritto nell’articolo 27 della nostra Costituzione”. “Oggi – aggiunge Torbidoni – la maggioranza della società è portata a credere che la sicurezza sia garantita unicamente con punizioni molto pesanti. In realtà, bisogna fare passare il messaggio che la nostra sicurezza passa attraverso la rieducazione e il recupero delle persone ristrette. Se si offrono loro altre possibilità, come attraverso le misure alternative e il lavoro, è dimostrato a livello europeo che la recidiva si abbassa sensibilmente”.
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