L’affermazione di K. Barth “Esiste, in ultima analisi, un unico grande problema ecumenico” è stata, ieri sera, al centro della tavola rotonda promossa nell’ambito della 52ª sessione estiva del Sae (Segretariato attività ecumeniche). Marco Cassuto Morselli, presidente Amicizia ebraico-cristiana di Roma, ricordando il 50° anniversario di “Nostra Aetate”, ha evidenziato che “dei sedici documenti conciliari, è uno dei più piccoli” ed è “solo una dichiarazione. Eppure, è un testo che ha prodotto e sta producendo gli effetti più significativi. Un granello di senape che è diventato un arbusto, come si espresse il cardinale Bea, o un grande albero”. Annarita Caponera, presidente del Consiglio ecumenico delle Chiese di Perugia e docente di ecumenismo e dialogo interreligioso presso l’Istituto teologico di Assisi, partendo dal presupposto che il primo scisma in seno alla Chiesa è quello tra Chiesa e sinagoga, ha sottolineato che “la prima riconciliazione da perseguire è quella tra ebrei e cristiani, perché appartiene al ceppo originario dal quale tutto è iniziato”. Caponera ha poi parlato di “come il destino di Israele si incroci con quello del cristianesimo non solo come luogo storico del sorgere della Chiesa, ma anche e soprattutto come luogo ermeneutico della coscienza delle Chiese”.
Il modello del rapporto tra Israele e la Chiesa o meglio tra Israele e le genti proposto da Caponera è quello di Paolo nella lettera ai Romani: “Paolo, consapevole del ruolo che il popolo ebraico ha nella storia della salvezza, rende possibile il dialogo anche quando si confronta polemicamente con il suo interlocutore, perché tale atteggiamento rientra sempre nell’umanesimo paolino, secondo cui cristiani ed ebrei dovrebbero ‘competere’ fra loro su chi sia davvero l’uomo migliore a lode e gloria di Dio”. Secondo Caponera, “il maggior avvicinamento delle Chiese cristiane al popolo d’Israele può far avvicinare anche le Chiese tra di esse”. Ripercorrendo alcuni documenti delle chiese protestanti sul tema del rapporto tra cristianesimo ed ebraismo Ilenya Goss della Chiesa valdese di Roma ha messo in evidenza la sua importanza per l’identità cristiana e conseguentemente la rilevanza ecumenica del dialogo ebraico-cristiano. Dopo una prima parte più storica, Goss ha affrontato la trattazione di tre temi teologici: il riconoscimento di Israele come popolo dell’alleanza mai revocata, l’esegesi cristiana della Bibbia ebraica, e il rapporto tra l’ebraicità di Gesù e la cristologia.
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