Da quasi 700 anni il miracolo si ripete: il sangue di San Gennaro, liquefacendosi, dà ancora segno di “vitalità”.
È accaduto anche sabato scorso (19 settembre), a Napoli, quando nelle mani del cardinale Sepe, le ampolle contenenti il sangue del Santo, vescovo e martire, hanno lasciato intravedere ai fedeli il prodigio che si ripete. Con un simbolismo forte e profetico, che provoca e, allo stesso tempo, dà speranza: il sangue del martirio (testimonianza) è portatore di vita. Un messaggio che non vale soltanto per la Chiesa di Napoli, ma per tutta la comunità dei credenti.
Di fronte a quel sangue “vivo e vivificante”, nell’omelia pronunciata, il cardinale Sepe ha voluto lanciare un grido contro un altro genere di sangue versato, quello “del dolore e della morte” che l’uomo infligge all’altro uomo, il sangue di Abele versato da Caino, suo fratello. “Basta sangue per le nostre strade e in tante case; basta violenza; basta dolore e lutto; basta morti di innocenti; basta naufragi e cadaveri di quanti cercano, coraggiosamente ma troppo spesso tragicamente, libertà, pane e futuro”. Un grido che è insieme denuncia ed esortazione, diagnosi e prescrizione terapeutica, un programma pastorale in sintesi. Un grido che non si perde “nel deserto”, che non segna un “punto zero”, dato che la Chiesa di Napoli, in tutte le sue espressioni, da tempo s’impegna e opera con generosità tra la sua gente e sul proprio territorio, offrendo edificanti esempi di testimonianza autenticamente evangelica.
Ma è proprio questo generoso impegno ecclesiale contro le piaghe che “feriscono” il tessuto sociale e morale di quel territorio a richiedere un “di più”, un coinvolgimento maggiore di tutta la comunità civile, un’assunzione di responsabilità concreta da parte di ogni cittadino, per ricostruire insieme il “vivere comune”. Diversamente, è reale il rischio di rimanere vittime di quella che il cardinale Sepe chiama “la sete del necessario, che è sete di conoscenza e di senso, ma anche mancanza di quell’acqua indispensabile per bagnare i campi vitali che una città dovrebbe offrire ai suoi abitanti”.
“Contro questo pericolo sempre presente – ha concluso il cardinale – ci adopereremo con tutte le forze per costruire l’uomo nuovo e una società migliore, stando soprattutto dalla parte dei giovani e del loro futuro. La delinquenza e la violenza non prevarranno”: è questo il grido di speranza della Chiesa di Napoli, che sembra preludere ad un rinnovato impegno pastorale e sociale. Un grido che dovrebbe contagiare tutta la comunità civile per un futuro migliore.
0 commenti