DIOCESI – La settimana scorsa si sono riaperte le scuole ed è quindi iniziato un nuovo anno denso di aspettative, di speranze ma anche timori ed apprensioni. Il nuovo anno sarà caratterizzato anche dall’entrata in vigore della “Buona Scuola” con l’auspicio che possano veramente essere gettate le basi per una scuola al passo con i tempi, che favorisca la crescita umana e culturale dei nostri ragazzi e giovani.
Nel contempo in diocesi è iniziato l’anno pastorale con due incontri collegiali e la celebrazione in Cattedrale che ha visto riuniti tanti laici impegnati negli uffici pastorali e nelle parrocchie mossi da un sincero spirito di servizio alla persona ed alla nostra diocesi. Insieme si sono programmate le varie iniziative per vivere al meglio il nuovo anno e soprattutto il Giubileo della Misericordia voluto da papa Francesco che inizierà il prossimo 8 dicembre.
Proprio su questo riflettevo mentre ascoltavo le notizie che ogni giorno i telegiornali ci riportano riguardo alle centinaia di migliaia di disperati che chiedono di entrare nel nostro paesi e negli altri paesi della nostra Europa. Come ha riportato Riccardi sul Corriere: “La questione dei rifugiati scuote l’Europa. Ed anche i cattolici che, negli anni scorsi, hanno molto parlato oggi hanno idee meno chiare: non sono concordi sulla questione dei rifugiati. Francesco però ha superato incertezze e mediazioni con un «appello al popolo» nell’ Angelus del 6 settembre: «Ogni parrocchia, ogni comunità religiosa, ogni monastero, ogni santuario d’ Europa ospiti una famiglia». Non ha usato la mediazione delle conferenze episcopali o altro per invitare all’accoglienza. Ha espresso la sua visione sulle chiusure: «la famiglia chiusa, il gruppo chiuso, la parrocchia chiusa, la patria chiusa; questo non è Dio, è il nostro peccato». Non è un’ esortazione, ma una ferma convinzione: non c’ è futuro per l’Europa nella chiusura.”
Il Papa ha certamente chiaro le difficoltà che la “questione rifugiati” crea nelle nostre economie occidentali ed anche le difficoltà di integrazione di questi nostri fratelli: per questo si rivolge soprattutto alle comunità chiedendo ad esse di accogliere i profughi. Purtroppo in Europa, accanto ad aperture significative, assistiamo a chiusure nette proprio da parte di quei paesi che sono usciti solo da qualche decennio da regimi totalitari, penso ai paesi dell’est.
Riflettevo su queste cose e mi sono chiesto quanto realmente questi problemi epocali che stiamo vivendo entrano nelle nostre scuole e nelle nostre parrocchie. Riusciamo a discutere con i nostri giovani, che saranno i protagonisti della società di domani, di questi avvenimenti e li coinvolgiamo nelle nostre discussioni? E, nelle parrocchie, esiste realmente questa apertura, questa accoglienza del fratello a cui ci esorta papa Francesco o ci limitiamo alle preghiere ed ai buoni propositi? Non voglio sembrare superficiale e buonista. Sono perfettamente consapevole delle difficoltà di questo processo di integrazione e comprendo appieno le perplessità che evidenziava Ernesto Galli della Loggia qualche giorno fa, sul Corriere della Sera: “perché possano innescarsi i mutamenti di cui sopra, sono assolutamente necessarie due condizioni. Innanzi tutto che le società europee non si perdano dietro a un vuoto universalismo multiculturale, e quindi si mostrino ferme nel non abiurare la propria cultura e le proprie tradizioni; anche la propria tradizione religiosa. In secondo luogo è necessario che i governi e gli Stati siano egualmente fermi nell’esercitare le loro prerogative in materia di ordine pubblico e di giustizia”. E questo perché “altrimenti chi giunge tra noi avrà l’impressione di trovarsi non già in una società organizzata, con regole e principi suoi, attenta a tutelarli, non avrà l’impressione di trovarsi perciò a fare i conti con una cultura consistente e coerente con la quale il confronto è ineludibile”.
Ma accanto a questa sana “razionalità” occorre anche una forte” idealità” alla quale continuamente ci esorta papa Francesco ed anche una fiducia piena nel Dio creatore come quella a cui don Tonino Bello si riferiva nella sua preghiera …..”Voglio ringraziarti, Signore, per il dono della vita. Ho letto da qualche parte che gli uomini sono angeli con un’ala soltanto: possono volare solo rimanendo abbracciati”.
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