La legge sul “diritto alla continuità affettiva dei bambini e delle bambine in affido”, approvata in via definitiva ieri sera alla Camera con 385 voti a favore e solo 2 contrari, riguarda circa 14mila minori in ogni parte d’Italia che il tribunale ha affidato ad altrettante famiglie, in quanto la loro permanenza nella famiglia di origine era valutata momentaneamente impossibile o pericolosa per l’equilibrio psico-fisico degli stessi. Lo spirito del nuovo provvedimento è di assicurare una “corsia preferenziale” alle famiglie che hanno avuto in affido il minore che venga dichiarato “adottabile” dal tribunale, invece che escluderle come di fatto è avvenuto fino ad ora. Il totale di bambini e bambine che nel nostro Paese si trovano fuori dalla loro famiglia naturale è di circa 30mila, con variegata situazioni che possono andare dall’accoglienza diurna, o part-time in comunità o presso associazioni specializzate (come ad esempio l’Anfaa, la Comunità Papa Giovanni XXIII e altre), fino all’affido o a percorsi pre-adottivi veri e propri, il tutto con la regia dei servizi di assistenza sociale. Nel caso dell’affido, la scelta è dovuta a momentanee difficoltà che sono reputate superabili e che inducono il tribunale dei minori a ipotizzare una soluzione temporanea (di due anni, rinnovabili) finché non si ripristini la normalità nella famiglia di origine. Si tratta di casi a volte anche molto eclatanti o dolorosi, benché reputati non insuperabili, di presenza di genitori violenti, con turbe psichiche, con situazioni devianti o criminali, oppure di povertà estrema o malattie gravi, che inducono i servizi sociali a cercare di “mettere al sicuro” i minori, in attesa di risolvere le situazioni.
Quando gli affidatari non avevano tutti i “requisiti”. Spesso – come è noto – dopo un periodo più o meno lungo, la soluzione positiva si trova; ma altrettanto sovente il miracolo non avviene e così i figli dati in affido vengono dichiarati dal tribunale dei minori “adottabili”. E qui scatta il problema al quale la legge appena votata vuole mettere riparo: infatti può capitare, anche non raramente, che la famiglia affidataria che magari ha assistito il bambino per diversi anni non disponga di tutti i requisiti richiesti dalla legge sull’adozione. Tali requisiti sono uno stabile rapporto di coppia, l’idoneità alla stessa adozione tenuto conto di parametri di disponibilità di reddito, casa, lavoro, etc., oltre che la differenza d’età con l’adottato che sia almeno di 18 anni e non più di 45. Così avveniva, e tuttora avviene, che bambini già messi a dura prova dal distacco rispetto ai propri genitori naturali vengano sottoposti – in fase preadottiva – a una nuova e forse altrettanto dolorosa separazione dalla famiglia affidataria che li aveva accolti. Il loro destino, a quel punto, è stato finora di entrare nel numero degli adottabili e, se il tribunale trovava la famiglia giusta, venivano trasferiti a quest’ultima, cancellando definitivamente sia il legame con i genitori naturali, sia con quelli affidatari che li avevano sin lì accuditi e cresciuti.
L’affido spesso è di lungo termine. La legge approvata definitivamente dalla Camera cerca di ovviare a questo duplice “vuoto affettivo”. Riconoscendo una “corsia preferenziale” alla famiglia affidataria per la procedura di adozione, si sancisce quella “continuità affettiva” che viene considerata un dato saliente per il percorso di crescita dei minori. Del resto che l’istituto dell’affido si prestasse a questo genere di sviluppi, lo ha mostrato anche la relazione di accompagnamento al progetto di legge, sul quale si è ampliamente dibattuto in aula. Nel documento si cita il Rapporto dell’Istituto degli Innocenti del dicembre 2012 su affidamenti familiari e collocamenti in comunità, elaborato per conto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Da questo rapporto risulta che “i bambini e gli adolescenti in affidamento familiare da oltre due anni, cioè oltre il termine ordinario previsto dalla legge, costituiscono la maggioranza degli accolti, ovvero circa il 60% del totale: erano il 62,2% nel 1999, il 57,5% nel 2007, e il 56% nel 2008”. Lo stesso Rapporto riferisce che “i bambini in affido da oltre 4 anni sono ben il 31,7% del totale (al 31 dicembre 2012). In un numero elevato di casi, la situazione critica che aveva giustificato l’allontanamento dalla famiglia originaria non si risolve ed il minore viene, quindi, dichiarato adottabile”.
Esclusi dalla corsia preferenziale single e coppie di fatto. La nuova legge si fonda così sulla valorizzazione dei legami costruiti con l’affidamento, solamente quando è dato constatare che si tratti davvero di una relazione profonda, a partire dal piano affettivo e quindi da quello educativo e familiare in senso lato. La legge, che esclude da questa “corsia preferenziale” sia le coppie di fatto che eventualmente abbiano avuto i minori in affido sia i single, consente un’unica eccezione a questo riguardo: in caso di adozione degli orfani, per i quali oltre ai parenti sino al sesto grado e alle persone legate da rapporti stabili preesistenti alla morte dei genitori, l’affidatario (anche coppia di fatto o single) potrà chiedere il minore in adozione.
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